venerdì 30 ottobre 2009

-- Se la Scuola funziona a " regime"

Data: Venerdì 30 ottobre 2009, 09:43


Ecco i premi e le punizioni di Brunetta
creato da Carlo Avossa Ultima modifica 28/10/2009 06:27

Il Governo si prende la delega per riformare la publica amministrazione in senso aziendalista. Il risultato sarà pessimo per la qualità della scuola

Il 9 ottobre 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo di attuazione della legge Brunetta di riforma della pubblica amministrazione.
Il Decreto contiene la Delega al Governo (cioè a Brunetta) per attuare una serie di provvedimenti.
Essi sono numerosi e riguardano l´intero assetto del lavoro pubblico.
Non si vuole qui trattare l´intera materia: sono e saranno i sindacati a dare un giudizio complessivo sul quadro che i provvedimenti disegnano. Basterà qui accennare al fatto che i sindacati che potremmo definire filogovernativi (Cisl, Uil, Snals) sono, in tutto o in parte, d´accordo con i provvedimenti Brunetta; la Cgil ed il cosiddetto "sindacalismo di base" sono in netto disaccordo.
Quello che occorre qui sottolineare è il quadro "premiale" e punitivo che il Governo traccia.
Eccolo.

LA VALUTAZIONE DELLE STRUTTURE E DEI DIPENDENTI

Per assicurare elevati standard qualitativi (fine in sé nobile) verrà costituito un organismo centrale per la valutazione.
La prima cosa che si nota è che la nuova struttura avrà finanziamenti alti e prebende favolose. Nella situazione in cui le scuole soffocano per la mancanza di fondi la cosa è perlomeno immorale e sicuramente inefficace: non si possono fare le nozze con i fichi secchi e pagare in modo sfrontato i valutatori mentre le scuole non sanno come pagare le fotocopie è un controsenso.
Non un centesimo è stato stanziato per promuovere la formazione del personale, che sarebbe in realtà l´unico vero modo per elevare la qualità del servizio. Un servizio che fa formazione non può vivere senza formazione: ma questo, per Brunetta, è evidentemente secondario.


PRINCÌPI E CRITERI FINALIZZATI A FAVORIRE IL MERITO E LA PREMIALITÀ

Brunetta si è assicurato la delega a disporre della meritocrazia, valore su cui concordano, purtroppo, tutte le rappresentanze parlamentari ma che non risolvono e non risolveranno i problemi della scuola, anzi li aggraveranno, come è stato già argomentato in un altro documento (Vedi MERITO, MERITOCRAZIA, MOTIVAZIONE). Forse perché suffragato da un´opposizione parlamentare che è sostanzialmente d´accordo con esso, il progetto meritocratico procede speditamente: la selezione mediante un meccanismo di concorsi riconoscerà un salario migliore ai "più meritevoli" ed un salario inferiore ai meno.
Questo toglierà ai sindacati (riconosciuti dalla Costituzione) la possibilità di trattare con il Governo l´ordinamento del personale e il riconoscimento della carriera. E questo è un problema democratico: ci troviamo di fronte ad un datore di lavoro (il Governo) che rifiuta di contrattare con i rappresentanti dei lavoratori argomenti fondamentali. Il Governo, essendo Governo, può stabilire per legge quali regole porre. Dire che questa è democrazia è dire una sciocchezza.
Ma non si vuole qui sottolineare questo elemento, per quanto importante. Si vuole far notare che la selezione farà emergere una èlite (per legge, non potrà essere superiore al 25% del personale) che si staccherà dal resto del corpo docente, rompendo il principio di collegialità che è quello che qualifica e fa funzionare la scuola.
Un 50% del personale rimarrà nella "zona grigia", nel limbo del docente "ordinario", comune; un rimanente 25% sarà precipitato nell´inferno dei "cattivi", che avrà un salario ridotto rispetto agli altri.
Possiamo immaginare lotte al coltello per raggranellare le briciole di salari comunque bassi e non adeguati al livello europeo. Ma bisogna rendersi conto che questa situazione di competitività interna non ha mai fatto e non farà mai la qualità di un servizio. Andate a chiederlo all´Alitalia o agli Istituti bancari statunitensi. La lotta interna è stata ed è feroce, ma questo non ha impedito crisi, fallimenti, tracollo dei servizi.
Brunetta ripropone l´illusione liberista, sconfitta dalla storia e dall´economia, per cui una maggiore competizione garantisce il mondo migliore possibile. Non è vero e lo sanno tutti.
Brunetta finge soltanto di non saperlo.


PRINCÌPI E CRITERI IN MATERIA DI SANZIONI DISCIPLINARI

La delega che Brunetta ha avuto (o meglio: si è preso) inserirà nel contratto nazionale, sempre con lo stesso meccanismo di rifiuto del confronto, nuove regole per licenziare e punire i dipendenti "fannulloni".
Anche in questo caso è sconfortante osservare quanto la virulenza punitiva di Brunetta trovi un contrafforte nell´uguale ubbia sanzionatoria dell´opposizione parlamentare, che ha "tirato la volata" al nostro Dracone domestico.

Tutto è demandato al Governo, nulla sarà contrattato con le parti sociali. Sarebbe facile chiamare tutto questo con il nome di dittatura del Governo.
I meccanismi punitivi escogitati dal Punitore escludono anche talora la possibilità che l´interessato possa tutelare i propri interessi (licenziamento del personale ritenuto inidoneo per motivi psicofisici); sono soppressi i collegi arbitrali di conciliazione, si riducono le possibilità di impugnare un provvedimento punitivo.
Sono ampliati i poteri dei Dirigenti Scolastici o a volte essi sono obbligati a intraprendere azioni punitive, anche in assenza di comportamenti del dipendente che abbiano rilievi penali.
A parte la sfacciata negazione dei meccanismi di garanzia, è evidente il modello di scuola che viene disegnato.

Il meccanismo di premi, ma di più quello delle punizioni, configura una scuola-azienda, una scuola-regime, o forse ambedue le cose.
Una scuola in cui la mannaia è pronta per chi dissente (è trasparente il caso di "condotta aggressiva o molesta" che causa licenziamento senza preavviso), che formerà una corte di yes men o yes women attorno al Dirigente-padrone, che creerà un clima di intimidazione e di delazione: chi non "collabora" con il Dirigente che istruisce un provvedimento punitivo verrà punito a sua volta.
Come si può pensare una comunità scientifica in questi termini? Come una comunità che educa?

Il processo per costruire le scuole a misura di Dirigente (e quindi di Governo) si sta perfezionando. La scuola non è più una comunità che apprende e che elabora, è una corte, una struttura piramidale, governata dai meccanismi dell´accaparramento, della delazione, delle coltellate alla schiena.
Brunetta sentirà forse profumo di azienda, in tutto questo, anche in mondo in cui le ideologie liberiste ed aziendaliste stanno conoscendo una sconfitta storica ed ideale senza precedenti.

Il popolo che ama la scuola della Costituzione sentirà solo puzza di regime.

giovedì 29 ottobre 2009

-- Il nazismo cominciò con molto meno

da www.tuttoscuola.com

Polemica in Veneto per l'assistenza ai disabili

E' polemica per una proposta di legge regionale che verrà discussa nei prossimi giorni nel consiglio regionale del Veneto per l'assistenza ai disabili (di ogni età), riservata a chi è nato nel territorio regionale o vi risiede da almeno cinque anni.

La polemica è motivata dal fatto che in commissione regionale sanità il testo è passato all'unanimità, ma in vista della discussione in aula il Pd ha preso le distanze non condividendo la proposta.

Se il contrasto è di natura politica con distinguo e sconfessioni all'interno dell'opposizione, c'è chi, anche all'interno della maggioranza, esprime alcuni dubbi sulla opportunità della norma.

Se la legge verrà approvata nei termini previsti di esclusione nei confronti di chi non risiede nel Veneto da almeno cinque anni, è certo che la polemica avrà un seguito con qualche strascico nazionale anche all'interno del mondo scolastico.

C'è da ricordare, in proposito, che la legge quadro sull'handicap (legge 104/1992) prevede che tutte le disposizioni in essa contenute (assistenza, diagnosi, integrazione, ecc.) si applicano "anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale..."

Se vale per gli stranieri....

mercoledì 21 ottobre 2009

- La scuola appaltATA

- di Marina Boscaino

Quel vero e proprio esercito di precari che il governo Berlusconi ha ideato, preventivato e poi implacabilmente creato nella scuola italiana non comprende solo docenti di tutti gli ordini e gradi. L'operazione di mistificazione, manipolazione e contaminazione di coscienze e concetti che ha portato - tra le varie conseguenze - alla cessazione di qualsiasi speranza di impiego per 130.000 persone, gente in carne ed ossa e non numeri astratti che sfiorano la nostra percezione spesso senza suscitare emozione, empatia, solidarietà, ha coinvolto anche il personale Ata. Che, nella tassonomia dei precari, "sfigati" d'elezione del XXI secolo, occupa il livello più basso. Soprattutto quando si tratta del personale ausiliario: come si dice, con un termine, spesso venato di sottile disprezzo, "i bidelli".

Il minimo comune denominatore dei tagli sono una serie di parole che vengono da lontano, che affondano la propria esistenza in bisogno d'ordine, efficientismo, razionalizzazione e si intrecciano con un'altra parola, buona per tutte le stagioni: merito. Il mix di queste etichette è stato rassicurante per una parte dell'opinione pubblica. Che non ha ritenuto importante notare che sotto questo paradigma si coniugavano una serie di attacchi a diritti fondamentali, primo tra tutti quello ad una scuola laica, pubblica, pluralista, di tutti e per tutti. L'uso improprio che ne fanno coloro che ci governano serve, infatti, solo a venare di presunta eticità un'operazione iniqua e colpevole, tesa ad impoverire il diritto al lavoro e il diritto allo studio dei ragazzi. Quelle parole sono sfrondate definitivamente della loro potenzialità positiva; si usano solo per accompagnare, venandolo di nobiltà, il più grande licenziamento di tutti i tempi.

mercoledì 14 ottobre 2009

-- Modificata la materia delle sanzioni disciplinari per i docenti

da www.tuttoscuola.com

Il decreto legislativo di riforma della Pubblica Amministrazione, varato definitivamente dal Consiglio dei ministri nell'ultima seduta, è ricco di novità di ampia portata per i dipendenti pubblici, compresi quelli della scuola.

Gli articoli da 502 al 507 del Testo unico delle norme in materia di istruzione sono abrogati. Sono gli articoli che riguardavano le sanzioni disciplinari per i docenti, quali l'avvertimento scritto, la censura, la sospensione dal servizio e la destituzione.

La riforma della materia attesa da anni e legata alla riforma degli organi collegiali della scuola è quindi arrivata attraverso questo decreto legislativo, cosiddetto Brunetta, che regolamenta in modo diverso, anche per gli altri dipendenti pubblici, la materia del disciplinare.

Gli articoli 67, 68 e 69 del decreto legislativo regolano, infatti, in modo diverso i contenuti della materia, individuando nuove competenze e attribuzioni dei dirigenti preposti.

Prima del decreto legislativo in oggetto, i dirigenti scolastici potevano irrogare al personale docente soltanto l'avvertimento scritto. Ora, invece, a quanto si può dedurre dal testo e in attesa dei necessari chiarimenti da parte del Miur, il campo di intervento in materia di sanzioni disciplinari si amplia notevolmente.

venerdì 9 ottobre 2009

-- Il dolore d'una pugnalata

Giuseppe Aragno - 06-10-2009


Non so se sia vero, ma si dice che il dolore d'una pugnalata non si senta subito acuto com'è destinato a diventare dopo che la ferita è inferta. Certo è che il colpo vibrato alla schiena della scuola dall'avvocato Gelmini sul momento non è apparso devastante al personale della scuola, quanto invece intuirono che fosse gli studenti. Un anno fa, di questi tempi - me ne ricordo bene - l'onda montante della protesta studentesca si muoveva nelle vie e nelle piazze come un corpo vivo, multicolore, forte della giovinezza e, per ciò stesso, tanto sicuro di sé quanto evidentemente solo e, paradossalmente orgoglioso d'una solitudine destinata a produrre debolezza. Un anno fa, di questi tempi, nelle scuole già ferite a morte, gli studenti erano in armi e i docenti assenti dal campo.
"Noi la crisi non la paghiamo" era lo slogan che si sentiva correre di piazza in piazza, che incendiava le università e accendeva di speranza le scuole medie superiori. Nella passione dell'autogestione gli studenti produssero analisi pregevoli, denunciarono i guasti della privatizzazione, scoprirono le mille trappole apparecchiate da un governo culturalmente indigente, politicamente reazionario, povero nel personale politico, fermo nelle pastoie della penosa vicenda giudiziaria del suo leader. Non era solo questione di moduli e maestro unico e nemmeno, come ancora in parte riteniamo, di una devastante operazione di cassa, che svuotava di risorse il pubblico per tamponare le falle aperte nel bilancio dello Stato dai costi e dalla corruttela della politica, dalle spese di guerra e dagli effetti d'una crisi del capitale di dimensioni epocali. Emergeva in tutta la sua gravità la condizione di regressione e di imbarbarimento di un Paese pronto a consegnarsi con singolare faciloneria alla xenofobia separatista e leghista, all'avventurismo del "Partito Mediaset" e al neofascismo modernizzato da Fini e Tatarella. Riemergevano la violenza poltica dell'estrema destra, che giunse a schierarsi in armi a Piazza Navona, le tare d'un capitalismo nato malato, intisichito da un borghesia senza rivoluzione, intossicato dagli oscuri rapporti con la malavita organizzata, eternamente invischiato nelle pericolse relazioni massoniche tra banca, industria politica e finanza, perennemente afflitto da un'avidità di profitto pari solo alla pervicace tendenza all'evasione fiscale. Gli studenti dell'Onda l'avevano intravisto il pericolo vero che non stava solo nei tagli alla ricerca, nel licenziamento dei precari, nell'attacco ai livelli minimi di funzionalità del sistema formativo. L'avevano capito che il problema di fondo non era semplicemente quello della dottrina Gelmini sul "sessantottismo" o di Brunetta sul "fannullonismo", ed appariva chiaro che il supplente da conservare, l'organico da preservare, gli standard minimi da tutelare sarebbero poi stati un effetto e non la causa. La dignità delle condizioni materiali del lavoratore - non solo di quello della scuola - poteva essere salvata solo a condizione di aprire uno scontro senza precedenti sui diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione repubblicana e antifascista, avendo come controparte un governo che in nessuna delle sue componenti aveva come riferimento l'Italia nata dalla Resistenza. La dignità poteva esser salvata solo a condizione di fare della scuola il perno d'una battaglia senza quartiere contro una visione nuovamente classista della società, espressa da un capitalismo costretto dalla legge del profitto a rifiutare ogni possibile mediazione.
Oggi tutto è più chiaro. I precari, messi alla porta con una ferocia da prima rivoluzione industriale, sono isolati in un battaglia d'avanguardia coraggiosa ma disperata, come isolati furono gli studenti. I docenti prendono atto, registrano i danni, sono testimoni d'una Caporetto, ma ancora non saldano i ranghi, ancora non vanno a cercare i cassintegrati, i licenziati, i disoccupati e ancora non si schierano su un fronte unico con gli spezzoni dell'esercito sbandato della democrazia. E' drammatico ascoltarne l'impotente e continuo lamento per le classi divise, l'orario spezzettato in sedi lontane e il deperimento pauroso della qualità dell'insegnamento e, nel contempo, non sentire una voce combattiva e davvero solidale coi colleghi mandati a casa, non veder balenare la lama d'un pugnale che si accinga a restituire il colpo ricevuto, non ascoltare il proclama che conduca alla guerra per la democrazia. Fuori dalla scuola, tuttavia, nelle piazze oscurate dall'informazione di regime, per fortuna si lotta ancora con coraggio. E nella lotta, com'è sempre stato nella storia dei lavoratori, emergono soluzioni, nasce una consapevolezza nuova, si individuano obiettivi, si cercano alleati. Il tre ottobre, quando una stampa spesso pavida è scesa in piazza fuori tempo, oscurando la manifestazione nazionale dei precari, ancora una volta gli insegnati erano praticamente assenti. Come un anno fa, quando i nostri figli studenti ci chiedevano di agire e noi eravamo fermi. Eppure, davanti al Ministero da cui la Gelmini comanda le operazioni di smantellamento, Barbara, una precaria che ha cuore e testa, ci ha chiamati una volta ancora alla lotta. Val la pena di ascoltarla e riflettere. Non è retorica: il tempo comincia veramente a stringere

giovedì 1 ottobre 2009

-- Saltano le graduatorie. Nomine da rifare?

da www.tuttoscuola.com giovedì 1 ottobre 2009

Con ordinanza n. 4796/2009 il Consiglio di Stato non ha accolto l'appello del Miur per l'annullamento della sospensiva del Tar Lazio che alcuni mesi fa aveva bocciato il decreto ministeriale n. 42/2009.

Il decreto ministeriale, nel consentire il trasferimento a graduatorie di altre due province dei docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, aveva disposto che i trasferiti venissero collocati in coda alle graduatorie di nuova iscrizione.

Contro il decreto avevano presentato ricorso migliaia di docenti che avevano rivendicato l'iscrizione "a pettine", cioè l'inserimento nelle graduatorie secondo il punteggio posseduto. In particolare l'Anief, l'associazione dei precari, aveva sostenuto molti ricorso al Tar.

Il Tar Lazio aveva accolto i ricorsi, ordinando la sospensiva del provvedimento ministeriale, ma il Miur, per non compromettere gli adempimenti di inizio d'anno relativi alle nomine in ruolo e annue, aveva ignorato la sospensiva e, contestualmente, aveva presentato appello al Consiglio di Stato. Che l'ha respinto.

Si apre ora uno scenario imprevisto di cui è difficile prevedere la soluzione in tempi rapidi, visto che le nomine sono già state effettuate quasi tutte e che una revisione delle graduatorie avrebbe, comunque, tempi non brevi.

Sono anche da considerare le eventuali inziative dei controinteressati, cioè degli altri docenti che, scavalcati nelle nuove (eventuali) graduatorie, potrebbero a loro volta impugnarle.

Forse oggi, in occasione della prevista audizione alla Camera, il ministro Gelmini, come auspica l'Anief, potrebbe fornire primi chiarimenti.