mercoledì 25 febbraio 2009

-- “La Controriforma Gelmini:quale futuro per l’istruzione”

Invio info sul convegno in oggetto.

Barbara Pianta Lopis

C E S P
Centro Studi per la Scuola Pubblica
Viale Manzoni 55, 00185 Roma – Tel. 06/70.452.452 fax 06/77.20.60.60
Sede di NAPOLI: vico Quercia 22, Tel/fax081/5519852
Corso nazionale di Formazione per il personale ISPETTIVO, DIRETTIVO, DOCENTE e ATA della scuola pubblica statale “La Controriforma Gelmini: quale futuro per l’istruzione”
Lunedì 2 Marzo 2009
Sala Gemito (di fronte al Museo Nazionale)
Piazza Museo NAPOLI
Ore 8.30 – 13.30


ORE 8,30 Registrazione partecipanti
ORE 9, 00 Inizio lavori
Relazioni
Teresa VICIDOMINI , insegnante elementare, esecutivo nazionale COBAS-scuola
Scuola dell’infanzia e primaria: modelli pedagogici e tempo scuola.
Liliana SANTOSPIRITO, docente di Scienze, La scuola media: l’anello mancante…
Massimo MONTELLA, docente Liceo classico “Vittorio Emanuele” Napoli - Licei, istruzione tecnica, professionale e nuove generazioni.
Collettivo PRECARI, NAPOLI, Precari e precarizzazione della scuola.
Anna Grazia STAMMATI, Presidente nazionale CESP.. Da Berlinguer a Gelmini: il completamento dell’Autonomia scolastica.

Coordina i lavori Francesco AMODIO,
già componente CNPI.

Seguirà confronto relatori-partecipanti

Il CESP è Ente accreditato/qualificato per la formazione del personale della scuola (D.M. 25/07/06 prot.869)

Esonero dal servizio art. 64 CCNL 2006/2009
Sarà rilasciato ATTESTATO
Informazioni ed iscrizioni: 3387403243 – 3477740216

-- C'ERA UNA SCUOLA: MADONNA ASSUNTA.

C'ERA UNA SCUOLA: MADONNA ASSUNTA.
Storie di
ordinaria Politica e di ordinaria Amministrazione-Burocrazia a NAPOLI

C'era una scuola.
C'era una scuola di 570 bambini. Era una delle due sole scuole a tempo pieno sul erritorio cittadino.
C'era una scuola che si fondava sul metodo naturale di Freinet, che utilizzava una programmazione per sfondo integratore e per progetti, una metodologia laboratoriale, la biblioteca di classe in luogo dei libri di testo, il metodo di Le Bohec per l'apprendimento della letto-scrittura, le uscite sul territorio quindicinali, il campo scuola.
Era una scuola che accoglie i disabili con amore e professionalità.
C'era una scuola le cui docenti collaborano stabilmente con l'istituto di ricerca di
didattica della matematica della Federico II.
Una scuola in cui i miei figli ed io siamo cresciuti insieme alle maestre, agli altri bambini e agli altri genitori. Un luogo di condivisione, di passione civile, di amore per la scoperta e per il sapere.
C'era una scuola della quale i miei figli mi dicono con rammarico:
" A Madonna Assunta ci abituavano alla collaborazione, alla solidarietà. Adesso alle medie ci spingono alla competizione. Per loro l'unica cosa che conta è il voto"
oppure: "Mamma, ma le maestre devono proprio farlo losciopero di venerdì?"

C'era una scuola in cui sono stati spesi circa 600.000 euro per lavori di ristrutturazione e adeguamento alla 626 ed è una scuola con barriere architettoniche per i disabili, senza riscaldamenti, che si allaga quando piove, con un ascensore costato, appena due anni fa, 95.000 euro e che non si potrà mai più riparare, con l'acqua che scorre nei laboratori dai bagni sovrastanti, con i gabinetti che si allagano di acqua che sgorga da terra.

C'era una scuola che denunciò tutto questo alla Procura della Repubblica e alla
Corte dei Conti.

C'era una scuola nella quale, nonostante tutto questo, le maestre lavorano sempre oltre il loro orario di lavoro, moltiplicando "per enne" le quattro ore di compresenza, e nella quale i bambini amano andare e restare e che pone un problema quando è chiusa d'estate.

Questa scuola è il
plesso Madonna Assunta del 73° circolo didattico di Napoli.

C'era poi la cecità delle istituzioni, l'indifferenza e l'inettitudine della locale classe politica che, nei comizi e nelle occasioni pubbliche (anti-Gelmini e non),
riempie i propri discorsi di necessità di sostenere l'istruzione, il tempo
pieno (ancor più nelle aree deprivate), di salvare la scuola dagli attacchi e
dai tagli del governo, ma che da amministratrice non muove un dito per
realizzare ciò che dichiara e, talora, lavora per affossare quanto vi è di
eccellente.

C'era poi una prescrizione dei Vigili del fuoco del 6 febbraio che ingiunge alla Dirigente di limitare immediatamente il numero delle persone a 375 sullle attuali 620!

Il cuore ci si riempie d'angoscia.... C'era una scuola e ..... non ci sarà più.

Una mamma ed una cittadina.

-- La situazione campana dell'edilizia scolastica è ormai allo

La situazione campana dell'edilizia scolastica è ormai allo sfascio. Non possiamo pensare che ogni scuola autonomamente, possa risolvere da sola i propri guai. I tagli passano anche attraverso la riduzione dei plessi, perchè inagibili. Dal Pansini al Vico, dal Madonna Assunta, alla Maiuri, i soldi per la manutenzione ordinaria e straordinaria non ci sono. I ns. figli hanno diritto ad una scuola pubblica uguale su tutto il territorio, ambienti sani ed idonei, sicuri e belli. Non pretendiamo la scuola svedese, ci basterebbe quella bolognese. Facciamo una vertenza nazionale. Pretendiamo i ns. diritti.
Barbara Pianta Lopis

domenica 22 febbraio 2009

-- La scuola non vede i disabili

-perché aLL'aumento progressivo dei bambini disabili si assiste ad
una riduzione del numero di insegnanti di soslegno?
-quando la continuità didattica diventerà un valore pedagogico da
affermare nell'interesse dell'alunno disabile come previsto dalla
legge 104/92?
-come si pensa di realizzare la integrazione se si abroga [schema di
regolamento sugli organici e formazione delle classi legge 133
dicembre 2008) il limite massimo di alunni disabili per classe?
-quando si metteranno in condizione i docenti curricoLari di "formare
ed aggiornare" Le loro competenze sulla disabiLità che oggi [ricerca
Invalsi 2006) riguarda soLo il 30"/. di essi?
-quando il requisito della competenza diventerà obbligatorio per i
dirigenti scolastici che [ricerca Invalsi 2006) evidenzia come appena
i125% di essi sia in possesso di un titolo di specializzazione o di aver
frequentato corsi sulla integrazione dei disabili?
-quando la scuola potrà assicurare ai bambini disabili il supera mento
delle barriere architettoniche come previsto daLL'art, 24 delLa legge
104/92 e successivo DPR 503/96?
-perché nessun governo negli ultimi 15 anni ha ritenuto opportuno
risolvere la delicata questione delL'assistenza igienica dei bambini
disabili ?
-quando si renderanno obbligatori i corsi di formazione per i
collaboratori scolastici come "non previsto" dagli articoli 47 e 48 del
CCNL deI29/11/07?
-quando gli enti locali responsabiLi, comune e provincia attiveranno
,come previsto daLL' art. 13 comma 3 della legge 104/92 ,le figure
professionali degli assistenti aLL' autonom ia ed alla comunicazione?
WNW, tuttiascuola,org
335,8724337 -

mercoledì 18 febbraio 2009

-- Cgil: riprendere la battaglia per la laicità della scuola

Da www. Tuttoscuola.com


Si è svolto oggi il seminario della Cgil sul tema ''Quale laicità nella scuola pubblica?", organizzato nella sede della Confederazione.

"E' urgente riprendere la battaglia, politica e culturale, per la laicità della scuola pubblica", hanno detto il segretario confederale della Cgil Morena Piccinini, e quello del sindacato di categoria, la Flc-Cgil, Domenico Pantaleo.

Di questa battaglia fa parte, secondo i sindacalisti, anche il ridimensionamento dell'insegnamento della religione cattolica (IRC). Questa è l'argomentazione: nella scuola primaria, come anche nella scuola per l'infanzia, sono previste due ore di Irc all'interno delle ore curricolari. "Appare evidente che mentre su un orario di 30 ore settimanali l'incidenza di questo insegnamento era pari al 6,7%, con i regolamenti proposti dal Ministro Gelmini, che prevedono 24 ore curriculari, la sua incidenza diventera' dell'8,3%. Ed e' anche cosi' che l'insegnamento della religione cattolica sara', oltre che tutelato, addirittura potenziato''.

Non è giusto, proseguono i sindacalisti, che in tempi di tagli e sacrifici per tutti, con la annunciata riduzione di 140.000 lavoratori della scuola in tre anni, non venga toccato nessuno dei 15.000 docenti di ruolo di religione cattolica o degli altri 10.000 docenti che insegnano religione con contratto a tempo determinato.

Ponendosi da un punto di vista più generale, inoltre, la Cgil auspica che aumenti il numero di coloro che non si avvalgono dell'IRC, anche per evitare che l'arrivo tra i banchi di un crescente numero di alunni immigrati possa suscitare conflitti di carattere etnico-religioso. ''All'immigrato di altra religione che oggi arriva nel nostro paese e va a iscrivere i figli a scuola, si pone davanti un elemento di ricatto oggettivo che, fatta salva la dignita' di chi riesce a rivendicare con coerenza il rispetto del diritto a una libera scelta, può avere - sostiene la Cgil - due derive: l'una costituita dall'accettazione, più o meno sincera, della religione maggioritaria come parte di una integrazione socio-culturale a cui si ambisce, e quindi, a maggior ragione, dell'Irc come elemento di non discriminazione per i figli secolarizzati, l'altra costituita dalla spinta a dar vita a gruppi religiosi propri e separati, con scuole proprie''.

In occasione del convegno la Cgil ha anche presentato un rapporto che si basa sulle interviste raccolte tra i genitori che, tendenzialmente, vorrebbero non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.

domenica 15 febbraio 2009

-- IL PARERE DEL CNPI sui voti nella primaria

CONCLUSIONI
Il CNPI critica fortemente la scelta di fondo sottesa al Regolamento in quanto non coerente con le prerogative delle istituzioni scolastiche autonome, lese sui principi che regolano l’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, di sperimentazione e sviluppo secondo quanto disposto dal DPR 275/99.
Il CNPI rileva come il Regolamento, nel prospettare un’ampia offerta di tempi scuola, possa alimentare nelle famiglie aspettative che, in assenza di congrue e correlate risorse, potranno difficilmente essere soddisfatte mettendo la scuola nella difficile situazione di dover riorientare le scelte e riorganizzare l’offerta.
Il CNPI ritiene, infine, che le criticità evidenziate compongono un quadro formativo che compromette l’efficacia dell’offerta formativa nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione, lede la dignità dell’istituzione scolastica pubblica, non garantisce pari opportunità di offerta e di scelta sull’intero territorio nazionale.
IL SEGRETARIO IL VICE PRESIDENTE
Maria Rosario Cocca Mario Guglietti

-- Le circolari sono atti non vincolanti

Scritto da Salvatore Pizzo* , cronista giudiziario in Parma docente di
scuola primaria statale
venerdì 13 febbraio 2009
Le norme che mancano, considerazioni
dopo i fatti della "Longhena"
di Bologna
Una norma per creare obblighi di fare o non fare dev'essere vigente,l'avvocato Mariastella Gelmini del Foro di Brescia, quale operatoredel diritto ce lo insegna. In merito alla valutazione in decimi, chesi vorrebbe considerare già pienamente reintrodotta nella scuoleprimarie e secondarie di primo grado, va ricordato la norma chedovrebbe disciplinare la fattispecie al momento manca, essa non èstata inserita nell'ordinamento: si tratta del regolamento attuativoprevisto dall'articolo 3 comma 5 della legge 30 ottobre 2008 n.169, lacosiddetta "Riforma Tremonti - Gelmini". Allo stato attuale ilregolamento è ancora al vaglio degli organi competenti, esso sarà
vigente solo se e quando saranno concluse le fasi di controllopreviste ed una volta promulgato con Decreto del Presidente dellaRepubblica. Ovviamente i funzionari del Ministero della PubblicaIstruzione, di fronte alla mancanza di norme, non hanno mai emessoatti autoritativi in merito alla reintroduzione della valutazionenumerica, esistono solo due circolari, entrambi firmate dal direttoregenerale dell'ufficio VI "per gli ordinamenti del sistema nazionale diistruzione e per l'autonomia scolastica" dottor Mario Giacomo Dutto,la Circolare n.100 dell'11 dicembre 2008, e la circolare n.10 del 23gennaio 2009. Trattandosi di circolari si tratta di atti meramenteesplicativi che non creano obblighi nei confronti dei destinatari, a
maggior ragione ciò non sussiste se esse sono relative a norme non
ancora vigenti. La Corte di Cassazione ha più volte chiarito che le
circolari non sono atti normativi, ciò anche in un recentepronunciamento, nella sentenza n. 237 del 2009 si legge che "lecircolari non vincolano gli uffici gerarchicamente subordinati (...) aiquali è data facoltà di disattendere il contenuto delle direttivesenza che tale comportamento possa essere invocato quale causa dinullità o vizio dell'atto impositivo per difformità rispetto allacircolare esplicativa" . Un orientamento che era stato già chiaritodalla stessa Corte di Cassazione, sezioni unite civili (Sentenza 2novembre 2007, n. 23031). Una giurisprudenza che dovrà esseresicuramente valutata alla luce della determinazione di sottoporre adispezione, le determinazioni di coloro che ricoprono il pubblico
ufficio di docente della scuola primaria "Longhena" di Bologna, i
quali pur attenendosi ad un preciso ordine di servizio adottato dlDirigente Scolastico, che reintroduceva la valutazione numerica solosulla base delle circolari e non di atti normativi vigenti, hannoinserito la valutazione in decimi esprimendola con il massimopunteggio "10". L'anno scolastico è iniziato quando nemmeno la legge
169/2008 era vigente, nei primi due mesi non esisteva la valutazionein decimi, ed i giudizi (non numerci) avevano una scala di valori didiversa: l'introduzione in itinere ha creato un'evidente impossibilitàdi procedere ad una conversione della valutazione in cifre numeriche.La valutazione intermedia (primo quadrimestre) è di fatto tecnicamenteimpossibile, quindi nel dubbio, esprimendo il massimo, i docenti dellascuola "Longhena" hanno adottato la decisione più favorevole al finedi non ledere legittimi interessi dell'utenza. Coloro, politici dialto livello, che sostengono la sussistenza di violazioni normative,sanno benissimo che nel caso di specie semplicemente esse non esistono.
Salvatore Pizzo*
Cronista giudiziario in Parma e docente di scuola primaria statale
Ultimo aggiornamento ( sabato 14 febbraio 2009 )

martedì 10 febbraio 2009

-- DISINNESCHIAMO SUBITO IL DDL APREA!!!

Gemma Gentile
7 febbaio 2009




SE CI VOGLIONO FRANTUMARE, NOI DOBBIAMO RICOMPORCI



Bisogna agire in fretta. Siamo obbligati a farlo dalla deriva autoritaria di questo Governo e dalla gravissima crisi istituzionale maturata mentre stendevo questo scritto. Gli esiti sono incerti e potrebbero sfociare anche in un “gelliano” colpo di Stato. E' la dimostrazione che l'attacco ai diritti mediante l'uso continuo dei decreti atti a sregolare ogni legge che disturbi i disegno governativi, l'attacco senza precedenti in questi mesi alla Magistratura e oggi anche alla figura del Presidente della Repubblica che per la prima volta non ha firmato, la minaccia del Presidente del Consiglio di un colpo di mano costituzionale per avere libertà piena sulla decretazione, l'uso arrogante come “buca della posta” del Parlamento (oltretutto debole e con un'opposizione ombra), riguarda tutti noi e in generale rende più chiaro che la Scuola non ha “chance” se combatte isolata. Siamo sull'orlo di un regime che colpisce lo Stato della Costituzione. Come persone di scuola dobbiamo fare la nostra parte.

Il silenzio sul DDL Aprea mi terrorizza. I tagli e le disposizioni gravissime contenuti in decreti vari, tramutati in leggi, regolamenti, circolari e note più o meno illegali rappresentano il tentativo di indebolire la scuola e di affamarla. E' giusto quindi rispondere ai singoli attacchi, difendendo la nostra dignità di insegnanti ed i nostri alunni. Non si può però ignorare che tutti questi bombardamenti sono il preludio al colpo di annientamento finale. E' il DDL Aprea la legge di sistema, volto a cancellare la scuola statale in modo definitivo, quello che la decostituzionalizza, laprivatizza e la ristruttura in tal senso. Il movimento delle segreterie della Buona Scuola, che raccoglie le iscrizioni contro l'impoverimento della scuola è forte e da apprezzare. Penso però che, al di là di questa giusta lotta, sferrata al Centro-Nord nelle scuole del primo ciclo (è di difficile realizzazione dove non c'è il tempo pieno), e a quella dei ricorsi giudiziari sulle leggi approvate, sia necessario subito mettere in campo le forme di protesta contro il disegno di legge Aprea che sta per approdare alla discussione parlamentare, che potrebbero coinvolgere anche il resto della scuola.

Nella scuola c'è lo stesso disorientamento che percorre tutta la società, che sembra non riesca a trovare gli anticorpi che l'aiutino a reagire agli attacchi gravissimi ai diritti che colpiscono i settori chiave della società.
Di fronte all'inadeguatezza della risposta del “popolo sull'acqua bollente”, sia che si tratti di persone appartenenti alla scuola oppure alle imprese o ai territori, ecc., e davanti ai continui attacchi finalizzati al nostro “annientamento”, mi chiedo come siamo arrivati a tanto e quali siano i motivi dell'odierna parziale afonia o incapacità di una congrua reazione.

Quando negli anni '60 partecipavo alle lotte per trasformare la scuola e l'università e per una maggiore giustizia sociale, non avrei mai immaginato di vivere agli albori del terzo millennio una situazione tanto drammatica. Tanti furono i limiti e gli errori di allora (e come poteva non essere!), ma ne conseguirono l'egualitarismo salariale (aumenti uguali per tutti), l'eliminazione delle gabbie salariali, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, la chiusura dei mostruosi manicomi, l'eliminazione di quegli altri ghetti costituiti dalle scuole e dalle classi differenziate con la nuova legislazione a favore dei portatori di handicap, gli organi collegiali nella scuola, l'inizio di una ricerca di una didattica rinnovata, ecc. Era il tentativo di rifiutare la meritocrazia del mercato, nella consapevolezza che questa dà luogo ad una valutazione ingiusta in una società dove pochissimi uomini detengono la stragrande maggioranza delle ricchezze e quindi partono da situazioni di vantaggio imparagonabile.

Iniziò però quasi da subito l'inesorabile manovra del potere per riassorbire tutto. In un clima torbido creato dallo stragismo, cominciarono le ristrutturazioni delle imprese e la loro delocalizzazione, accompagnate alle continue chiusure e minacce, la richiesta unilaterale di sacrifici ai lavoratori per “sanare la crisi inflattiva” (ieri come oggi...), l'attacco alla scala mobile, i patti concertativi capestro, l'inizio susseguente della manomissione del testo costituzionale con la bicamerale, la riforma del Titolo V, le guerre camuffate da necessità di sicurezza, ecc.
Nel settore istruzione all'inizio emersero segnali contraddittori: mentre per la scuola la Falcucci, e poi Galloni (DC entrambi) riformarono in modo migliorativo le elementari, lo stesso Galloni e il socialista Ruberti aprirono le porte dell'università alla privatizzazione, contrastato dal movimento della Pantera , lasciato solo dai docenti di allora. Ci pensò Berlinguer a generalizzare la destrutturazione in senso privatistico dell'Istruzione investendo anche la scuola con la sua riforma che rispondeva al disegno europeo delineato nel 1998-99 dal Processo di Bologna e nel 2000 dal Convegno di Lisbona. Ma quello che è seguito è noto a tutti.

Era successo che, a fronte della tendenza alla ricomposizione in nome dei diritti, era iniziato a spirare il vento neoliberista che pretese dalla politica campo libero per sé per ottimizzare i profitti e neutralizzare a proprio favore gli effetti della crisi sistemica che stava avanzando già. L'economista liberista Milton Friedman della Scuola di Chicago, premio Nobel per l'Economia nel 1976 e allievo di Von Hayeck, fu tra i propugnatori del libero mercato planetario, a cominciare dal Cile di Pinochet di cui fu consigliere. Ma, a livello globale, tali teorie si fortificarono negli anni '90 con la fondazione del WTO (globalizzazione neo liberista dei mercati), a cui aderirono 136 Paesi. Così i potenti della Terra decisero la destrutturazione e l'annullamento delle salvaguardie e dei diritti, compresi i contratti di lavoro. Lo stato sociale andava ovunque abbattuto, perché era di ostacolo ai nuovi campi di penetrazione per l'impresa, costituiti dai settori pubblici, quali la Sanità, l'Istruzione statale, i Beni pubblici in generale, compreso il Patrimonio artistico, ecc. Cominciò lo smantellamento di tutto, in nome della modernità e della Ma siamo all'oggi.

Il liberismo economico necessita dell'ideologia del darwinismo sociale. Si è così aperta l'arena per i novelli gladiatori. Le gare consistono nelle scalate al “merito”; vince chi lecca più i superiori e obbedisce anche ad ordini ingiusti e chi offre la sua capacità lavorativa come merce meno costosa. Unica cosa importante è vincere sugli altri: pazienza se si tratta solo di una vittoria tra “schiavi”! E' un ritorno anche qui all'ideologia diffusa tra la borghesia dell'Ottocento e del primo Novecento, ma deve apparire come massima modernità, l'inveramento della massima libertà per tutti. Certo, negli ultimi tempi qualche scricchiolio più forte il sistema neoliberista comincia a provocarlo, ma è rischioso aspettare che imploda da sé, mentre nel frattempo continua a diffondere rovine e morti. E' necessario quindi che i gladiatori riconoscano di essere schiavi e non liberi oppure (se si preferisce) che quelli che sono “sull'acqua bollente” si rendano conto di essere nella pentola in procinto di essere cotti e sconfiggano chi li vuole cuocere.

Per contrastare un disegno che destruttura la Scuola, la Sanità, i rapporti di lavoro e altro, sregolando la stessa Costituzione e il sistema giudiziario non è sufficiente mobilitarsi dove si può, ognuno nel proprio settore, contrastando semmai solo giorno per giorno l'ultima tegola caduta sulla testa. E' indispensabile individuare anche i punti nodali su cui dare battaglia e cercare la ricomposizione dei soggetti colpiti, attraverso la maturazione di una coscienza comune e mediante la solidarietà nella lotta.

Se pensiamo alla Scuola, è dunque importante che la lotta ai tagli si generalizzi con la ribellione al disegno Aprea, che costituisce la soluzione finale di annientamento della scuola dello Stato.
Bisogna far presto. Continua l'opera di sfaldamento e di smantellamento: ogni giorno c'è un pezzo che cade. Solo negli ultimissimi giorni, leggiamo che il MIUR ha inviato una nota alle scuole per comunicare che non vi saranno soldi per il loro funzionamento; siamo al ricatto per fame. Credo che l'Aprea si avvicini. E che dire delfederalismo scolastico giudicato dalla Bastico ottima soluzione, in armonia con la politica dell'opposizione “ombra”?

Per vincere però una battaglia di tali proporzioni, ripeto, è necessario anchegeneralizzare gli obiettivi di lotta oltre la scuola, collegandoci all'Onda universitaria, ai precari dentro e fuori la scuola, agli operai cassintegrati e minacciati di licenziamento (Fiat, ecc.), ai lavoratori pubblici e della Sanità, alle reti territoriali che difendono dai continui attacchi i beni comuni e la democrazia ogni giorno. Bisogna trovare anche il modo di comunicare con tutti quelli che in Europa respingono le loro leggi di distruzione della scuola pubblica, in conformità con la politica neoliberista europea. Quando i mesi scorsi la nostra Onda infuriava, in tanti Paesi europei si sono svolte lotte di solidarietà. Anche noi dovremmo essere più aperti e lungimiranti. Qualche giorno fa milioni di francesi hanno scioperato e manifestato per la scuola.

La direttiva Bolkestein per quanto modificata e il liberismo contrattuale mettono in concorrenza i lavoratori europei, come emerge in questi giorni in Inghilterra nel triste scontro tra operai inglesi e italiani; nello stesso senso vanno la legge Aprea e la svalutazione dei contratti nazionali a favore di quelli aziendali: si vuole arrivare ad un nuovo corporativismo, caro alle dittature. Sono questi altri motivi che rendono indispensabile e urgente un'inversione di tendenza verso la ricomposizione, terreno abbandonato dalle rappresentanze.
Ma i movimenti non devono restare soli: sarebbe ora che i sindacati dimostrassero uno per uno di essere tali (penso essenzialmente ai non firmatari) e si assumessero le loro responsabilità senza cedimenti: oltretutto li vogliono stendere stecchiti!. Il loro compito è quello di difendere i lavoratori e non trovare soluzioni al Governo per togliere le castagne dal fuoco a chi vuole aumentare lo sfruttamento e svendere la scuola per guadagnare sulla crisi. Qualsiasi altra esitazione dimostrerà che di loro è rimasto solo un involucro vuoto e allora nessuno più sarà disposto a difenderli da chi li vuole distruggere.

Napoli, 07-02-2009

lunedì 9 febbraio 2009

-- L'APPELLO DI "LIBERTA' E GIUSTIZIA" AGLI ITALIANI

“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti.
Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”.
Norberto Bobbio

Primi firmatari: Gustavo Zagrebelsky, Gae Aulenti, Umberto Eco, Claudio Magris, Guido Rossi, Sandra Bonsanti, Giunio Luzzatto, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.

Rompiamo il silenzio. Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.

Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.

Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.

La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.

La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.

Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.

Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.

Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.

Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.

Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.

Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.

Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.

Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.

Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.