domenica 30 novembre 2008

-- 2 dicembre, FIACCOLATA DELLA SCUOLA E DELL’UNIVERSITA’


2 DICEMBRE fiaccolata del mondo dell'istruzione dalla materna all'Università con partenza alle 17,30 da P.zza del Gesù ed arrivo a P.zza Plebiscito.

TUTTI INSIEME…E' MEGLIO!

Tutti contro la legge che distrugge il mondo dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Dal Napoli giunge la proposta di una fiaccolata, per rendere visibile e costante la nostra preoccupazione, dalla scuola dell’infanzia, all’università.
Lanciamo insieme, a tutto il Paese, un messaggio LUMINOSO:
L’ISTRUZIONE PUBBLICA E’ UN BENE DI TUTTI!
Portiamo candele, torce, pile, lumini, fonti di luce di ogni tipo per essere luminosi".
A NAPOLI, MARTEDI’ 2 DICEMBRE
ALLE ORE 17,30
FIACCOLATA DEL MONDO DELL’ISTRUZIONE,
PARTENZA DA PIAZZA DEL GESU’.
Veglieremo sull’istruzione pubblica,
finché gli studenti, i ricercatori,
i docenti, i genitori, i cittadini tutti arriveranno a portare la loro LUCE.
NOI CI SAREMO, PIU’ LUMINOSI CHE MAI!
ASSEMBLEA DOCENTI – GENITORI - ATA IN LOTTA - MOVIMENTO PRECARI - RETE DOTTORANDI E RICERCATORI DELLE UNIVERSITA’ DI NAPOLI - MOVIMENTO STUDENTESCO NAPOLETANO - STUDENTI NAPOLETANI (MEDI) - COBAS SCUOLA

-- Documento del GALILEI di Napoli

Il collegio docenti dell’I.S.S. “G. Galilei” di Napoli, riunitosi in data 26/11/08, approva all’unanimità il seguente documento relativo alla legge del Ministro Gelmini :


• è palesemente “sfidato” ogni principio democratico nell’iter di approvazione di un DL che, destinato al mondo della scuola e della formazione, parte dal ministero delle finanze

• il richiamo dell’art.1 su Cittadinanza e Costituzione “distrae” dallo spirito fortemente anticostituzionale e contraddittorio di un provvedimento che lede alla base il diritto allo studio; inoltre, senza aumento del monte ore, l’approfondimento di una disciplina come l’educazione civica, già faticosamente “ritagliato” dai docenti nel curricolo, è risibile in un contesto di tagli del tempo scuola

• il taglio dei finanziamenti e la conseguente riduzione del tempo-scuola si rivela comunque inconciliabile con qualsiasi forma di approfondimento curricolare

• la valutazione del comportamento degli studenti nei termini previsti dalla legge rappresenta uno strumento di stigmatizzazione di atteggiamenti anomici senza programmare azioni di recupero oltre alla non ammissione alla classe successiva in caso di valutazione insufficiente

• il “taglio dei docenti” nella scuola pubblica nasconde la reale possibilità di un impoverimento culturale della società e della coscienza critica, nonché un eventuale dirottamento verso la scuola privata

• il ritorno al maestro “unico” non è motivato da alcun modello psico-pedagogico e didattico valido ed è improponibile nella complessa realtà sociale; inoltre il principio di unicità contrasta con quello di pluralità previsto dalla continuità didattica (medie e superiori)

• riconosciamo che la scuola e l’università necessitino oggi di una trasformazione che riveda gli sprechi ed aggiorni i contenuti e le modalità didattiche, non attraverso una superficiale ed indiscriminata politica dei tagli bensì un’accorta razionalizzazione delle risorse, discussa e condivisa con le componenti tutte del mondo dell’istruzione e della ricerca

• la svalutazione della professionalità docente di ogni ordine e grado smaschera la volontà di affossare il vero progetto educativo e formativo di cui la scuola è sempre stata artefice.



I docenti, una volta esaurita la fase di protesta e manifestazione sotto forma di occupazione dell’istituto da parte degli studenti, dichiarano la propria disponibilità a partecipare ad ogni momento di confronto, di dialogo ed elaborazione nel merito dei temi affrontati dal movimento degli studenti nonché a manifestazioni pubbliche comuni.

sabato 29 novembre 2008

-- I pubblici dipendenti non possono tutelare la loro salute



I pubblici dipendenti non possono tutelare la loro salute
La FP Cgil (Funzione Pubblica) e la FLC Cgil hanno predisposto un appello per sensibilizzare l'opinione pubblica contro la grave discriminazione operata dalla legge 133/08 nei confronti dei dipendenti pubblici che non possono esercitare il diritto alla salute costituzionalmente garantito per tutti i cittadini.
La legge 133/08 all'art. 71 introduce norme che colpiscono la malattia dei pubblici dipendenti.
In questa restrizione il Ministro ha inteso fare rientrare:
le visite mediche e gli esami clinici effettuati per la prevenzione dei tumori, anche se si è inseriti nei programmi di prevenzione previsti dalle regioni.
le visite di controllo e gli esami clinici effettuati durante la gravidanza, infatti la legge tutela solo i cinque mesi di congedo per maternità obbligatori, le ravidanze a rischio, i parti prematuri.
Chiediamo che il governo intervenga immediatamente ponendo riparo ad una scelta iniqua e gravemente lesiva della salute dei pubblici dipendenti,contraria ai diritti costituzionali di ogni singolo cittadino.
L'appello è stato inviato alle associazioni per la prevenzione e la cura dei tumori per denunciare questa grave discriminazione e chiedere il loro appoggio.
Le firme dovranno essere raccolte entro il 16 dicembre e saranno inviate al Governo.
Una volta stampato, firmare e far firmare a quante più persone possibili il modulo allegato all'appello e farlo giungere alla FLC Cgil nazionale ad uno di questi recapiti:

FLC Cgil Sede nazionale
Via Leopoldo Serra, 31 - 00153 Roma
Fax 0039 06 58.54.84.34 - 06 58.54.84.31
e-mail:
organizzazione@flcgil.it

Testo dell'appello e modulo raccolta firme
http://www.flcgil.it/content/download/63663/409918/version/1/file/Appello+FP+e+FLC+Cgil+I+pubblici+dipendenti+non+possono+tutelare+la+loro+salute+-+novembre+2008.pdf

mercoledì 26 novembre 2008

-- Da Arzano per il 27 novembre

Noi studenti del liceo scientifico di Arzano, dopo aver occupato il nostro Istituto per una settimana per protesta contro il decreto Gelmini e dopo aver partecipato alle manifestazioni di piazza compresa quella del 30 ottobre a Roma, abbiamo ripreso a seguire regolarmente le lezioni, consapevoli che altri dovevano essere i momenti di incontro e di protesta contro i tagli alla scuola pubblica. Sicuri di volere più istruzione e non meno ore, meno attività, meno qualità nella scuola, nei nostri incontri pomeridiani, con l’aiuto di alcuni docenti, abbiamo preparato una manifestazione che si terrà nella Villa comunale di Arzano giovedì 27 novembre dalle ore 17.00 alle 22.00 per informare il territorio sulle ragioni della protesta e confrontarci con tutti su ciò che sta accadendo. Sono previste molte attività di musica, canto, ballo e altro, vi aspettiamo numerosi.

STUDENTI E DOCENTI LICEO SCIENTIFICO DI ARZANO
IN DIFESA DELLA “SCUOLA PUBBLICA BENE COMUNE”
INVITANO ALLA
MANIFESTAZIONE IN VILLA COMUNALE ARZANO
GIOVEDI 27 NOVEMBRE DALLE ORE 17.00 ALLE 22.00
PER SPIEGARE E CONDIVIDERE LE RAGIONI DELLA PROTESTA
AL DECRETO GELMINI

INTERVERRA’ PADRE ALEX ZANOTELLI
RELIGIOSO E MISSIONARIO ITALIANO

-- APPELLO . no alle classi di inserimento

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia
Al Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati
Al Presidente della Commissione Istruzione del Senato della Repubblica

In relazione alla mozione approvata il 14 ottobre 2008 dalla Camera dei Deputati nell’ambito del Decreto di Legge n.137 del 1° settembre 2008, i Firmatari dell’Appello esprimono una categorica contrarietà a qualsiasi forma di separazione fra gli alunni della scuola pubblica italiana su base etnica, sia che questa separazione avvenga in “classi di inserimento”, sia che si espliciti sotto qualsiasi altra forma di discriminazione, anche se definita “positiva e transitoria”.
Tale mozione è, infatti, in assoluta controtendenza con la cultura d’integrazione della scuola italiana, la quale ha nel tempo maturato metodi, strategie e supporti che la rendono unica nel panorama europeo e mondiale nel campo della formazione e della istruzione.
Nelle “classi di inserimento”, o comunque le si voglia definire, l’aggregazione di alunni di diversa provenienza culturale e di diversa età anagrafica rischia di fatto di “segregare” gruppi di bambini ed adolescenti, tra l’altro per periodi di tempo indefiniti. Come sarà possibile integrare in contesto di apprendimento alunni che, pur avendo imparato tecnicamente la lingua italiana, nulla hanno vissuto dell’aspetto relazionale-affettivo che è sempre implicito in un percorso di apprendimento/insegnamento? Di fatto, l’acquisizione della lingua avviene nel contesto della relazione interpersonale e di gruppo che caratterizza una classe scolastica.
La ferma contrarietà dei Firmatari si estende anche alla possibilità, anch’essa prevista dalla suddetta mozione, di non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ogni anno. Si tratta di una scelta che va contro la Convenzione dei diritti dell’infanzia e la Costituzione Italiana, che sanciscono il diritto soggettivo dei minori presenti sul territorio nazionale a frequentare la scuola pubblica.
Un fermo no è espresso anche riguardo alla previsione di insegnamenti speciali per gli alunni stranieri, i corsi di “educazione alla legalità e alla cittadinanza”, considerato che non vi è motivo di pensare che i bambini stranieri ne abbiano maggiore necessità rispetto a quelli italiani, poiché non si può presupporre che i primi siano “naturalmente” più propensi alla devianza rispetto ai secondi.

Nel ribadire la ferma disapprovazione sui contenuti della mozione i Firmatari propongono alcuni elementi utili ad avviare o consolidare nella scuola una piena integrazione; si tratta infatti di:
- distinguere e semmai differenziare gli interventi nella Scuola Primaria e Media Inferiore da quelli delle Scuole Superiori e Licei;
- considerare le sperimentazioni già in atto (sostenute tra l’altro da Amministrazioni Comunali e Regionali) nell’ambito delle quali il problema della lingua viene affrontato e risolto, senza privare gli alunni di un processo di apprendimento significativo;
- monitorare tali esperienze per diffonderle più estesamente, facendo attenzione a rispettare i diversi contesti ambientali;
- distribuire le presenze straniere nelle classi, rispettando la territorialità in modo da non creare gruppi in cui la presenza di italiani sia minoritaria;
- recuperare e valorizzare il percorso scolastico pregresso dell’allievo straniero (anche se non parla italiano, non vuol dire che non capisce niente e non sa niente);
- usare le discipline scolastiche come strumento per un’educazione alla conoscenza che tenga conto dell’ampiezza e dell’estensione dei saperi, nonché delle interconnessioni che esistono in tutti i campi delle attività umane;
- attivare concretamente l’inserimento e il successo scolastico di tutti gli allievi creando allo stesso tempo spazi di coesistenza educativa, mettendo in grado tutto il personale della scuola, in particolare i docenti, di far ricorso a nuovi strumenti professionali e di apprendere, attraverso un’adeguata formazione, modalità metodologiche/comunicative che tengano conto di tutte le diversità presenti nelle classi;
- attivare laboratori di sostegno linguistico anche fuori orario di scuola, ma ad essa organicamente agganciabili, in collaborazione con organismi e strutture dell’extrascuola specializzati;
- mettere a disposizione delle scuole le risorse finanziarie necessarie per attuare tali percorsi.

seguono numerose firme. per aderire: palumbo.maria@fastwebnet.it

lunedì 24 novembre 2008

--Lavoratori disperati

Sono una dipendente statale di PALERMO (personale ATA – assistente tecnico –dell’istituto Liceo Scientifico Cannizzaro)"precario" da 9 anni, assunta ogni anno dal 01/09 al 31/08 dell’annosuccessivo (supplente annuale), inserita in una regolare graduatoria grazieai requisiti richiesti al momento del bando di concorso. Come me, in questagraduatoria siamo oltre 250 persone tutti assistenti tecnici quindi conspecifiche qualifiche (informatici, chimici, meccanici, e via dicendo).Chiedo il Vostro prezioso aiuto perché stiamo vivendo un momento DRAMMATICOche sta mettendo a repentaglio il nostro futuro lavorativo.Per cominciare premetto che la situazione che sto per raccontare èesclusivamente palermitana.A causa di una cattiva gestione amministrativa e politica della Provincia,della Regione, del Comune e non so che altro nel 2000, quasi un migliaio didipendenti degli enti locali, è stato dirottato allo Stato; cioè ex-bidellidel Comune e della Provincia sono “passati” nella Pubblica Istruzione, comecollaboratori scolastici.Questo personale nel loro ente di appartenenza, pochi giorni prima delpassaggio, aveva ottenuto il quarto livello in maniera “automatica”. Ilquarto livello nel loro ente corrispondeva alla qualifica di bidello (o comesi chiami nel loro ente), ma nella Scuola il collaboratore scolastico obidello (ai tempi) rientra nel terzo livello, quindi per una questioneeconomica (circa 150-200 € mensili) hanno cominciato a fare causa allo Statoper avere riconosciuto il quarto livello.Nella Scuola il quarto livello equivale alla qualifica di assistentiamministrativi e assistenti tecnici, dove come titolo di accesso occorre ildiploma di scuola superiore o, fino a qualche anno fa, la terza media ed unattestato di qualifica professionale.In breve le loro battaglie legali accompagnate sicuramente da buoni politiciora hanno avuto i loro frutti.Una sentenza gli ha dato il quarto livello (ma la cosa drammatica e assurdanon è questa) EQUIPARANDOLI AD ASSISTENTI TECNICI. Queste persone dovrannofare assistenza tecnica in laboratori degli istituti superiori,prevalentemente di informatica, ma non conoscono neanche che forma hanno icomputers, cosa sia un software e soprattutto quali siano le problematicheda risolvere. La cosa più grave è che l’Avvocatura di Stato non vuole piùricorrere contro queste sentenze in quanto , dicono, che non ne vale lapena; il giudice del lavoro fa orecchie di mercante.In sintesi da gennaio oltre 250 persone saremo in mezzo ad una strada perchéloro hanno ottenuto i loro 150-200 € IN PIU’ al mese e un lavoro più“professionale”, in cambio dei nostri posti di lavoro, senza aver un titolodi studio adeguato, senza aver partecipato ad un concorso interno e/oesterno, soltanto conoscendo il politico o i politici di turno.E noi che abbiamo partecipato e vinto un concorso, noi che da otto anniabbiamo lavorato facendo funzionare i laboratori delle scuole nonostantetutti i tagli che si sono succeduti nella scuola negli ultimi anni, noi cheabbiamo fatto acquisire quella professionalità alle scuole che fino aqualche anno fa mancava proprio a causa della mancanza degli assistentitecnici nei laboratori, noi che abbiamo acquisito professionalità edesperienza frequentando corsi di formazione per tenerci aggiornati sulleproblematiche tecniche dei laboratori, noi che ci siamo fatti una famiglia,noi che abbiamo avuto figli, noi che ABIAMO PRESO L’IMPEGNO di pagarel’affitto o un mutuo e di mandare avanti una famiglia, proprio noi dagennaio saremo SENZA LAVORO!Possibile che i dipendenti dello Stato non siano tutelati e venganoscavalcati così ? E’ possibile che nessuno ci dia voce ?La mia è una PREGHIERA: DATECI VOCE PERCHE’ FINO AD ORA SIAMO STATIINVISIBILI, FATE SAPERE A TUTTA L’ITALIA LA VERGOGNA CHE NOI QUI A PALERMO ESOLO QUI STIAMO SUBENDO.DA GENNAIO I NOSTRI ED ANCHE I VOSTRI FIGLI (PALERMITANI) FREQUENTERANNOSCUOLE SUPERIORI NELLE QUALI GLI ASSISTENTI TECNICI DEI LABORATORI (exEE.LL.) NON SAPRANNO DOVE METTERE LE MANI, PERCHE’ NON HANNO E NON AVRANNOLE COMPETENZE GIUSTE.UN GRAZIE VA AI SINDACATI CHE DIFENDONO ALCUNI LAVORATORI E ALTRI LI LASCIANEI GUAI.GRAZIE ALLA GIUSTIZIA ITALIANA CHE “AIUTA” SOLO CHI HA I SOLDI O CONOSCEQUALCHE POLITICO.SIETE LA NOSTRA SPERANZA FATECI SAPERE AL PIU’ PRESTO!!!!21/11/2008 Palermo
In fede
Giovanni Sireti

mercoledì 19 novembre 2008

-- sintesi assemblea del 18/11/08 a Palazzo Giusso

Si invita ad
integrare e/o apportare modifiche, laddove ritenuto necessario.

Presenti circa 50 persone, soprattutto docenti, pochi studenti (c'era un'assemblea in contemporanea nell'aula magna) e genitori, precari.

La discussione ha portato al seguente calendario di iniziative condivise:

Domenica 23 Novembre 2008

iniziativa precari lavavetri dalle ore 9,30 alle ore 13, in:
-Via Caracciolo con banchetto informativo a p.zza Vittoria con precari e docenti/genitori del 73°cd;
-P.zza degli Artisti con precari e ricercatori dell'università e docenti/genitori del Liceo Pansini, IC Maiuri e 36° cd (devono confermare 36° cd e Università)

Mercoledi 26 novembre 2008

Assemblea e incontro tecnico con gli studenti medi e universitari in vista della fiaccolata del 2 dicembre 2008.
Palazzo Giusso ore 16,30/17,00.

Martedi 2 dicembre 2008

fiaccolata con partenza da p.zza del Gesù ore 17,30 percorso da definire a secondo del consistenza numerica e partecipativa anche degli studenti medi e universitari;
possibile arrivo a p.zza Plebiscito o a p.zza Dante.
Testa del corteo ai precari e ai lavoratori delle cooperative (ex-LSU).

Venerdì 12 dicembre 2008

partecipazione allo sciopero del 12 dicembre 2008 con corteo in partenza da p.zza Mancini.

Altre proposte, eventualmente da considerare per prossime iniziative:

- contattare tutte le realtà in lotta sui beni comuni: acqua pubblica,rifiuti, Alitalia, associazioni consumatori, rete sanità,etc... in vista della manifestazione del 12 dicembre;
- proporre iniziative locali ogni 16 del mese, come giornata di mobilitazione nazionale da attuarsi secondo modalità proprie di ciascuna scuola/territorio, indicata come il NO GELMINI AND NO APREA DAY;
- lezioni sulla spiaggia il 15 agosto;
- iniziative di solidarietà: assemblee, lezioni all'esterno etc., di ospedali, fabbriche...
- intasare il sito della Gelmini con la richiesta delle fonti pedagogiche a supporto della teoria "della bontà" del maestro unico;
- predisposizione di moduli di iscrizione alle scuole dell'infanzia,elementare, media e superiore che confermino gli attuali modelli didattici e organizzativi, con particolare richiesta per il tempo pieno e/o prolungato;
- giornata delle morti bianche dei precari;
- dall'8 al 20 dicembre invio di pacchi postali con gli auguri di Natale (da personalizzare) al Ministero in modo da bloccare le poste (iniziativa precari);
- il televisore finto con il telegiornale vero in piazza, dove si fa controinformazione;
- 8 dicembre: volantinaggio in occasione del primo shopping natalizio;
- proposte del Liceo Artistico: convegno, lettere informative...;
- curare e assicurare il più possibile la presenza della "scuola" in ogni sede;
- possibile coinvolgimento dei musicisti del San Carlo per future iniziative.
- possibile adesione alle iniziative dei comitati in lotta per l'emer enza rifiuti, in occasione della settimana mondiale dei rifiuti, 1-8 dicembre 2008.

Barbara Pianta Lopis

lunedì 17 novembre 2008

-- L'ARROGANZA NASCE DALL'IGNORANZA - Lettera aperta a Gelmini

Lettera aperta al Ministro dell’Istruzione,Università e Ricerca on. Mariastella Gelmini

Riproponiamo la lettera (che era andata a finire un pò "in fondo") perché le adesioni che continuano a pervenire la conservano ancora attualissima. Se sei d'accordo diffondi questa lettera e falla firmare. Mandaci le adesioni a docentipansini@libero.it


I sottoscritti lavoratori della Scuola italiana, hanno appreso da fonte di stampa la seguente dichiarazione del proprio Ministro:“La scuola cambia. Si torna alla scuola della serietà, del merito, dell’educazione”.
Vorremmo ricordare al nostro Ministro che siamo persone serie, che abbiamo valorizzato sempre il potenziale dei nostri studenti e che abbiamo tenuto in piedi negli anni l'unica agenzia che ha resistito sul fronte della difesa dell'etica e dei buoni comportamenti.
Ci sentiamo umiliati dall’arroganza di dichiarazioni strumentali, finalizzate a trasmettere alla Nazione un’idea falsa e distorta della Scuola italiana, evidentemente rese in assenza di informazioni corrette da parte di chi, nel proprio curricolo di formazione, non aveva avuto modo di interessarsi di Scuola e che – divenuto Ministro – è vittima di una visione di parte che le rende impossibile una serena analisi della situazione.
E’ un segno di grande debolezza politica e culturale vedere nella Scuola dello Stato solo uno degli ostacoli (forse il più resistente) allo sviluppo del libero mercato ed ignorarne il formidabile potenziale(pur consideranone i problemi ed difetti assolutamente emendabili).
E’ un segno di grande debolezza politica e culturale ignorare la grande lezione della tradizione cattolica, liberale e socialista del pensiero pedagogico italiano e la centralità che in esso ha la libertà della Scuola dello Stato (libera perché imparziale e sciolta da vincoli ideologici e dipendenze economiche dai privati) come garanzia per la libertà della Nazione.Chiediamo al nostro Ministro di venirci a conoscere, perché – forse mai come in questo caso – l’arroganza nasce solo dall’ignoranza.

--Alcune domande al mio Ministro

Ministro,
sono d’accordo con i tagli perché a chi lavora nella scuola bisogna pagarlo meglio e chi non serve a nulla bisogna che lo si mandi via.

Signor Ministro, vorrei sapere perché non taglia i docenti di Religione: essa è una materia facoltativa. Perché calcolare l’organico sulla base degli iscritti e non degli avvalentesi?

Signor Ministro, perché i vescovi possono nominare i docenti di religione e questi diventano di ruolo senz’altro merito?

Signor Ministro, se tagliamo i rami secchi (insegnamento di religione), fatto a 30 ore l’orario annuale di ogni ordine e grado, il risparmio sarebbe di 1/30 del budget del ministero. Se calcoliamo che alle scuole elementari le ore sono due, il risparmio è ancora più vistoso.

Signor Ministro, perché in Italia al liceo Classico si studia un’ora sola di storia dell’arte (e per tre anni solo) mentre se ne fanno due di educazione fisica per tutti gli anni?

Signor Ministro, ma se all’OCSE PISA siamo valutati in Matematica, perché facciamo solo due ore come Educazione Fisica. Perché non ci valutano in Educazione Fisica?

Signor Ministro, perché al liceo classico non si studiano le scienze al biennio però poi siamo valutati per l’OCSE PISA e facciamo 0 punti?

Signor Ministro ma gli altri Paesi ce li hanno nell’organico i docenti di religione e di sostegno? Non è che per questo il rapporto alunni docenti è così basso da noi?

Signor Ministro, quanto ci costano gli inutili USP (o CSA come ancora li chiama qualcuno), visto che le scuole sono autonome e questi uffici non fanno più nulla? Perché esistono ancora? Quanti maestri potremmo pagarci eliminando le figure inutili?

Signor ministro, quanti maestri potremmo pagare se non spendessimo milioni in inutilissimi progetti “centrali” che fanno campare solo distaccati ed ispettori e che alla scuola non servono a nulla?

Signor Ministro, quanto di Italiano, Matematica, Inglese, Scienze, si potrebbe dare ai nostri studenti se non si sperperassero miliardi nell’avviamento all’attività sportiva? Chi ci deve campare sopra?

Signor Ministro, ma ora, prima di decretare dove tagliare (visto che deve tagliare) perché non fa un piccolo sforzo per vedere come è fatta la scuola italiana invece di parlare “a spiovere”?

Signor Ministro, ma lei lo sa che spesso i precari sono più bravi dei docenti stanchi e demotivati per i quali si vuole bloccare il tourn over?

Signor Ministro, lei ha una pur vaga idea del mare di soldi europei che si disperdono in progetti del tutto inutili e che, messi a sistema, potrebbero assorbire le energie vive della scuola che lei si appresta (non a licenziare, visto che il contratto non ce l’hanno) ma a non riassumere?

Signor Ministro, ma al di la delle offese ai lavoratori della scuola che ogni tre e quattro si sente di propinare, ha qualche idea seria?
a 15.11.08 Pubblicato da I DOCENTI DEL PANSINI

-- Una nuova Resistenza

Giuseppe Aragno - 14-11-2008

Il cuore della Costituzione repubblicana batte soprattutto nei dodici articoli posti sotto la titolazione di "Principi Fondamentali". Definendoli, l'Assemblea Costituente escluse ogni altra definizione, scartò l'ipotesi di un Preambolo", per evitare l'idea di una graduatoria di valori e fissò un corpo di regole di carattere "generalissimo" - la parola fu scelta non a caso dal Presidente, on. Ruini - composto di articoli che non trovavano degna collocazione in nessuna delle parti della Carta, ma tutti assieme, senza ordine gerarchico, senza priorità o livello d'importanza, delineavano il "volto della Repubblica". Benché siano ben noti, non sarà tempo perso riportare per intero il testo di alcuni di quegli articoli: risulterà evidente che, alla fine di un processo partito da lontano, siamo ormai di fronte a un Governo che mira apertamente a costruire un regime.

"L'Italia - afferma l'aticolo 1 - è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che lo esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Come ognuno sa bene, la sovranità del popolo si esplica in maniera diretta, mediante il voto, soprattutto nell'elezione dei deputati. Ne deriva che, da quando una legge elettorale ha soppresso il diritto di "delegare", l'intero sistema politico si è posto fuori della legalità repubblicana. Il Parlamento, infatti, di per se stesso non è sovrano. Ogni suo componente acquisisce i poteri costituzionali esclusivamente per delega espressa dagli elettori. In assenza di questo requisito, da anni, in Parlamento i sedicenti "deputati" sono solo dei clandestini.

L'articolo due afferma che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Per "qualificare" i diritti, la Costituente ebbe a disposizione un'ampia gamma di aggettivi e la parola "naturali" sarebbe stata forse particolarmente adatta. L'Assemblea, tuttavia, tenne soprattutto ad attribuire all'affermazione dei diritti un carattere che superasse il "giusnaturalismo". Il concetto, pertanto, si levò a livelli più alti, si collocò tra storia e filosofia, acquisendo connotati "finalistici" e trasformando il riconoscimento del diritto di lavorare in diritto a costruire, con un minimo di certezza del futuro, un progetto di vita. Per converso, la disoccupazione e la precarietà assunsero così il valore implicito di "vulnus" e ne nacque in pratica un principio: quando il diritto riconosciuto non trova realizzazione concreta, l'armonia del tessuto sociale è compromessa. In questa luce, un Esecutivo che giunge a teorizzare, come ha fatto di recente il Governo Berlusconi, la necessità della disoccupazione come soluzione ai problemi delle aziende in nome della sottomissione alle leggi del mercato, non solo trasforma il diritto alla certezza in dovere di subire la precarietà ma si connota in senso profondamente classista e, come tale, si mette fuori dalla legge nel metodo e nel merito. Già illegittimo, perché vive della fiducia da un Parlamento privo di delega popolare, schierandosi coi datori di lavoro contro i lavoratori, il Governo Berlusconi giunge a violare i fondamenti del patto sociale in una democrazia di natura borghese.

"Tutti i cittadini - afferma l'articolo 3 - hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Usciti dall'ambito dei diritti per così dire universali, siamo nel campo concreto della "cittadinanza", sicché l'eguaglianza di fronte alla legge non si pone solo come principio etico, ma riguarda la concretezza della vita quotidiana. Su questo terreno, un Governo che sancisca una qualsivoglia differenza tra due cittadini di fronte alla società e alla legge, ricorre a provvedimenti evidentemente illegali. Nessuno, primo fa tutti il Presidente del Consiglio, infatti, può essere autorizzato ope legis a sottrarsi al suo giudice naturale per una presunzione di reato che non riguardi l'esercizio delle sue funzioni politiche. Il provvedimento sarebbe illegittimo anche se, paradossalmente, riconoscesse a tutti i cittadini il medesimo diritto. Ognuno di noi, nessuno escluso, è chiamato a rispondere del proprio operato di fronte alla Giustizia, che, vale la pena di ricordarlo, è amministrata in nome del popolo (art. 101). Sottraendosi alla legge, come di recente ha fatto, il Presidente del Consiglio si è sottratto di fatto a quella sovranità popolare che di continuo invoca a giustifica di un potere esercitato in un Parlamento privo di delega popolare.

In una visione autocratica della dinamica parlamentare, da tempo, si finge ormai d'ignorare la preminenza delle leggi costituzionali su quelle ordinarie. Di recente, spinti dalle pratiche "viziose" del potere centrale, Amministrazioni periferiche di ogni tipo, sono giunte a prescrivere comportamenti in netto contrasto con i diritti garantiti. Benché l'articolo 21 della Carta costituzionale assicuri a tutti i cittadini la piena libertà di parola e pensiero, c'è chi pretende di leggere negli articoli 97 e 98 della Costituzione, che riguardano la Pubblica Amministrazione, inesistenti limiti posti alla libera espressione del pensiero dal fatto che "i pubblici l'impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione". E' una lettura autoritaria e del tutto infondata, che risponde ad una logica puramente repressiva, incompatibile con la natura di cittadino di pieno diritto che è propria di ogni impiegato pubblico. Si finge di ignorare ciò che risulta evidente dal dibattito dell'Assemblea Costituente: le parole del legislatore si riferiscono, infatti, all'indipendenza da organizzazioni politiche, hanno carattere cautelativo, riguardano soprattutto i magistrati, e, ciò che più conta, partono dal presupposto che il Governo si uniformi all'interesse superiore dello Stato e al dettato costituzionale. Una guerra di aggressione, dichiarata in palese contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, che "ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli, non solo contrappone il dovere dell'ubbidienza e della disciplina al vincolo infrangibile della legalità costituzionale e al diritto all'obiezione di coscienza e alla disubbidienza civile, ma pone automaticamente il governo fuori dalla legge. Non diversamente accade per quel Governo che preveda la privatizzazione del sistema formativo statale, espressamente proibita dagli articoli 33 e 34 della Carta Costituzionale.
Nessuna legge parlamentare, nessun decreto regionale, nessuna circolare o disposizione di Ministeri o Enti Locali possono avere carattere vincolante, quando siano in palese conflitto con lo spirito e la lettera della Costituzione. E non ci sono dubbi: il Governo deve alla Costituzione il medesimo rispetto richiesto all'ultimo dei dipendenti pubblici ai quali non può negare il diritto al dissenso. Sempre e ovunque.
Quando la tracotanza del legislatore si spinge al punto di ignorare sistematicamente la legalità repubblicana - sono ormai molti anni che accade, sia con questa destra che con la sedicente "sinistra - non fa meraviglia che si giunga alla censura. In occasione delle agitazioni in atto di studenti e docenti che contrastano il progetto di smantellamento della scuola e dell'università italiana, riesumando un aberrante Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, firmato nell'ormai lontano novembre del 2000 da quel nobiluomo di Giuliano Amato, in palese contrasto con la legalità repubblicana, giorni fa un Direttore Generale Regionale del Miur ha ricordato ai Dirigenti delle Istituzioni scolastiche statali [sic] di ogni ordine e grado del Veneto che "il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa"[1]. Una prescrizione inaccettabile che si prefigura come censura e che rovescia la piramide del sistema giuridico, ponendo un miserevole e miserabile Decreto al di sopra di una vigente legge costituzionale.
Dopo un lungo gioco delle parti tra maggioranze e minoranze intercambiabili, nelle ultime due legislature, del tutto prive di legittimità costituzionale, siamo di fronte a un tentativo aperto di estorcere il consenso con la forza di leggi, leggine e decreti che non hanno alcun valore e sono palesemente incostituzionali. Chiudendo il cerchio aperto dalla Bicamerale, il Governo Berlusconi pone il Paese di fronte alla terribile necessità di individuare percorsi legali in grado di contrastare la legalità formale e la sostanziale illegalità di un insieme di provvedimenti che disegnano con drammatica chiarezza un regime autoritario. Dove si vada a parare non è facile dire e tuttavia, come ignorarlo? Potrebbe essere il primo passo verso l'organizzazione di una nuova Resistenza.

-- PERCHE’ UN MOVIMENTO INSEGNANTI PRECARI?

Il movimento insegnanti precari è formato da insegnanti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Esso nasce dall’esigenza degli insegnanti precari di lottare in prima persona per i propri diritti, liberi da ingerenze di qualsiasi tipo.

Il nostro scopo è quello di organizzare un movimento ampio ed unitario del precariato della scuola, che si inserisca all'interno della generale mobilitazione della scuola e dell'università, contro i provvedimenti del Governo attuale.
Riteniamo che questa necessità sia oggi più urgente che in passato. Se i tagli alla scuola statale operati dal Governo compromettono pesantemente la qualità della didattica e le condizioni di lavoro di tutti i docenti, il peso maggiore delle riduzioni di spesa ricadrà direttamente sulla nostra pelle: una parte consistente degli insegnanti precari verrà estromessa dall’insegnamento; un’altra parte dovrà elemosinare a vita uno stipendio sempre più scarnificato dalle scuole private, uno stipendio che, già oggi, è ai limiti della sussistenza; un’altra parte ancora vedrà l’assunzione in ruolo come una prospettiva lontanissima.
La lotta contro il precariato assume un significato singolare all’interno delle rivendicazioni generali sulla scuola pubblica. Come insegnanti precari siamo consapevoli che una scuola che ridefinisce lo stato giuridico degli insegnanti in funzione del nuovo paradigma della flessibilità (vedi proposta di legge Aprea n. 953) è una scuola che fa uso massiccio di precari. La flessibilità associata alle privatizzazioni e allo smantellamento della scuola statale trasforma gli insegnanti in liberi professionisti, che dovranno svendersi alle scuole trasformate in fondazioni, rendendo il precariato una regola.
Insomma, per noi lottare contro il precariato nella scuola statale vuol dire lottare per una scuola pubblica che possa davvero realizzare il principio costituzionale del superamento di qualsiasi differenza. Lottare contro il precariato nella scuola vuol dire rifiutare qualsiasi taglio all’istruzione statale, pretendere la trasformazione dell'organico di fatto in ruolo e lo sblocco del turn over, restituendo ai precari il posto lasciato libero dagli insegnanti in pensionamento. Non vogliamo più sentirci in esubero. Il lavoro che quotidianamente svolgiamo nelle scuole, in condizioni sempre più difficili, è fondamentale alla formazione degli studenti, e solamente la logica dei tagli, che imperversa da anni nelle politiche sull'istruzione, ci impedisce di lavorare tutti nelle migliori condizioni.
Se vogliamo rafforzare davvero la lotta degli insegnanti precari all'interno della mobilitazione generale della scuola e dell'università,

dobbiamo necessariamente coordinarci ed assumerci la responsabilità delle azioni rivendicative da intraprendere insieme.

Non possiamo aspettarci da altri la difesa dei nostri diritti, se non agiamo in prima persona per difenderli.
Per questo, richiamiamo tutti i precari organizzati e non, a lavorare per costruire con noi
un'assemblea nazionale dei precari
in vista delle future mobilitazioni.

Movimento insegnanti precari
movimentoinsegnantiprecari@gmail.com

Ci sembra fondamentale essere presenti domani alla Sapienza, presso Lettere.
Purtroppo, pur avendo contattato gli studenti universitari, ci sono ancora dei problemi logistici, nella scelta del luogo preciso.
Precisiamo che alcuni di noi saranno presenti dal mattino, alle 11, e saranno riconoscibili tramite un banchetto che verrà allestito e lo striscione dei precari.


Invitiamo ancora tutti i coordinamenti, i gruppi, i singoli sparsi nella penisola, ma accomunati dall'essere PRECARI a contattarci sull'adesione all'assemblea del 30.
Fateci sapere chi verrà, se gruppi, delegazioni, singoli, inviateci le vostre piattaforme ed ogni sorta di materiale e/o suggerimento.
Purtroppo il 30 è solo fra 2 settimane, necessitiamo di queste indicazioni per questioni organizzative.

Coinvolgete i colleghi a scuola, proponete assemblee, coordinamenti ed ogni foma di cooperazione.
Aspettiamo vostre nuove.

GRAZIE GRAZIE ED ANCORA GRAZIE
movimento insegnanti precari Roma
movimentoinsegnantiprecari@gmail.com

sabato 15 novembre 2008

-- Confindustria mette le mani sugli Istituti: compra a costo zero dalla Gemini gli Istituti tecnici e professionali!

riceviamo da DirittoDiReplica

Questo il programma di Confindustria per l’istruzione tecnica. CONFINDUSTRIA EDUCATION
Ottobre 2008
LINEE DI INTERVENTO PER IL RIORDINO DEGLI ISTITUTI TECNICI
L’ ACTION PLAN PER L’ISTRUZIONE TECNICA, elaborato da Confindustria con la collaborazione di un gruppo di esperti e di dirigenti di qualificati Istituti tecnici di tutta Italia nel corso del 2007 e suddiviso in tre sezioni:
- Contenuti
- Governance
- Risorse umane
Questa proposta va realizzata attraverso alcune azioni immediate.
Contenuti
- contenimento nel numero delle materie
Il numero delle materie deve essere ridotto e gli orari di ciascuna di esse devono essere significativi negli istituti tecnici. Il limite di 32 ore settimanali non deve essere superato e deve includere spazi per l’autonoma progettazione delle scuole.
- spazio per l’autonomia delle scuole
Le 32 ore non devono essere tutte predefinite nei quadri orario. Alle scuole, dentro le 32 ore, deve essere affidato uno spazio (2-3 ore, circa il 10%) che esse devono organizzare in autonomia, per rispondere ai bisogni individuati in sede locale;
- istituzione dell’insegnamento di Scienze integrate
che riunisca tutti gli insegnamenti a carattere scientifico. Non occorre a questo livello di età un approfondimento specialistico, ma una visione di insieme ed una metodologia di base; tale insegnamento comprende chimica, fisica, biologia e scienze della terra e può essere attribuito attraverso il ricorso alle “classi atipiche” per evitare le rigidità delle attuali classi di concorso che vanno riformate e semplificate;
- insegnamento in lingua inglese
possibilmente, oltre all’insegnamento della lingua inglese in quanto tale, un altro insegnamento dovrebbe essere svolto in lingua inglese;
- una sola lingua straniera
non è realistico prevedere l’insegnamento di una seconda lingua straniera.
Governance
- istituire (solo per gli Istituti tecnici) un Consiglio di Amministrazione,
in cui vi sia una presenza significativa di soggetti esterni alla scuola, espressione del mondo della produzione e/o dei servizi, in relazione agli indirizzi di studio;
- attribuire al Consiglio poteri effettivi di governo
tale organo deve affiancare il dirigente (i cui poteri non vanno ridotti) e deve avere la responsabilità complessiva per l’indirizzo generale, il piano di sviluppo pluriennale della scuola, il programma annuale ed i rapporti con le imprese e le aziende che costituiscono i naturali interlocutori di ciascun Istituto;
- separazione dei compiti di partecipazione da quelli di governo
il Consiglio di Amministrazione non sostituisce gli organi di partecipazione democratica; ma la partecipazione deve essere tenuta distinta dalla gestione, dall’indirizzo tecnico e dal governo;
- il problema non sta nel nome
se il termine Consiglio di Amministrazione “disturba”, se ne può trovare un altro, ma non si può prescindere da uno specifico modello di governo degli Istituti tecnici, data la loro precisa missione (che non è uguale a quella dei licei): formare i quadri intermedi che devono contribuire allo sviluppo delle aziende di produzione e servizi.
Risorse umane
- scelta del personale docente e tecnico
gli istituti tecnici debbono poter scegliere in autonomia (ed in raccordo con le imprese di produzione e servizi più vicine al proprio indirizzo di studi) almeno il personale che deve svilupparne la missione specifica: insegnanti di materie tecniche, tecnici di laboratorio, ufficio tecnico. Questo personale deve essere svincolato dalle classi di concorso e dall’assegnazione centralizzata;
- autonomia reale nella gestione della quota di flessibilità
perché la flessibilità ipotizzata (fra il 20% ed il 35%) abbia un senso, il personale destinato a coprirla non deve essere già predeterminato nei quadri orari e negli organici. Sono gli istituti tecnici che devono individuare il fabbisogno di materie/attività corrispondenti e scegliere se richiedere agli uffici scolastici insegnanti “tradizionali” o se chiamare esperti esterni qualificati, con procedure trasparenti ma libere.
A LIVELLO LEGISLATIVO:
- emanare un provvedimento normativo specifico (questa seconda soluzione è considerata dall’On. Aprea più realistica rispetto alla prima)
che preveda:
- istituzione del Consiglio di Amministrazione (o denominazione alternativa) solo per gli Istituti tecnici
- rinvio a successivi decreti (da emanare in tempi brevi) per quanto riguarda la definizione di struttura, poteri e raccordo con gli altri organi collegiali degli Istituti in questione
- criteri generali cui devono ispirarsi i decreti in questione (vedi scheda 1 e Action Plan per l’Istruzione Tecnica)
oppure:
- attribuzione agli Istituti tecnici di autonomia statutaria
- rinvio allo statuto dei singoli istituti dell’istituzione dei propri organi di governo
- criteri generali cui gli statuti dovranno ispirarsi (fra cui la presenza di un organo come il Consiglio di Amministrazione, comunque denominato – per il resto vedi scheda 1 e Action Plan)
oppure, in ulteriore subordine:
- sperimentazione nazionale di autonomia statutaria per quegli Istituti tecnici che si colleghino con il mondo della produzione e dei servizi ed il territorio e promuovano intorno al proprio progetto di qualità formativa una fondazione dotata di risorse “esterne” per un importo minimo predefinito (ad es. 50.000 euro). Il riferimento è al modello delle Foundation schools inglesi
A LIVELLO DEL REGOLAMENTO (di cui all’art.13 della legge 40/2007)
Le proposte seguono lo schema della bozza di regolamento predisposta dal MIUR e sono raggruppate sotto i titoletti del documento MIUR intitolato “Documento di base per la discussione”.
Identità degli istituti tecnici
I profili attualmente individuati sono definiti in modo generico. Modificarli coinvolgendo nella loro riscrittura esperti dei settori economici e produttivi interessati (è quanto già stiamo realizzando).
I profili vanno associati alla chiara definizione di standard minimi irrinunciabili di competenze chiave.
Non sono noti il numero e l’articolazione dei sotto-indirizzi. Si ribadisce che non deve esservi proliferazione di micro-piani di studio, tutti definiti in modo rigido dal centro e differenziati solo da uno o due insegnamenti.
Le opzioni che “specificano ulteriormente gli indirizzi” non vanno determinate dal centro. Vanno individuate dalle scuole, in raccordo con le realtà economiche e produttive del territorio. Se mai, possono essere previste linee guida generali di coerenza per l’equivalenza sostanziale dei percorsi e dei titoli di studio finali.
Non sono noti i quadri orario. Ferme restando le 32 ore complessive, al loro interno va ricavato uno spazio di autonomia effettiva per le scuole (2-3 ore non devono essere predefinite dal centro).
Organizzazione dei percorsi
Il numero complessivo delle materie va contenuto al massimo. Si deve pensare nel primo biennio ad un insegnamento di Scienze integrate, che riunisca tutti gli insegnamenti scientifici.
Si deve esplicitamente indicare fin dal primo biennio l’uso sistematico del laboratorio e di metodologie problem solving, sia per l’insegnamento che per le verifiche.
I laboratori devono essere adeguatamente attrezzati e dotati di un tecnico di laboratorio che affianchi il docente e che sia in possesso di comprovata esperienza di lavoro nell’ambito relativo. Va eliminato il doppione costituito dall’insegnante tecnico-pratico, che è quasi sempre un generico diplomato privo di esperienze concrete.
Si deve prevedere fin dal primo biennio il raccordo con il mondo esterno tramite incontri con le aziende del territorio, visite di esperti e visite aziendali.
La ripartizione oraria indicata per il primo biennio (65% materie generali comuni – 35% materie di indirizzo) può andar bene.
Sarebbe auspicabile che per il secondo biennio le materie di indirizzo salissero dal 55% (circa) attualmente indicato al 60%.
Per il quinto anno, le materie di indirizzo non possono essere inferiori al 65% del totale orario. Non ha senso articolare il triennio finale in 2+1 se poi la struttura degli
insegnamenti non si differenzia in alcun modo. Il quinto anno deve preparare in modo mirato all’inserimento lavorativo o alla prosecuzione di studi ben individuati. La reversibilità delle scelte – a questo livello – è solo uno spreco di tempo e di risorse.
Per il secondo biennio e soprattutto per il quinto anno dovrebbe essere prevista una soglia minima di ore da destinare ad attività di stage e tirocini.
Gli “spazi di autonomia” indicati (20%-30%-35%) possono andar bene. Ma devono essere “reali”, cioè non occupati già nei quadri orario da insegnamenti predefiniti rigidamente dal centro. Al massimo questi spazi possono essere individuati come “ambiti di competenze” che gli istituti tecnici devono riempire con insegnamenti ed attività scelti in accordo con il mondo economico e produttivo di riferimento.
Gli insegnamenti ed attività individuati dalle scuole nell’esercizio dell’autonomia di cui sopra devono essere affidati a personale individuato dalle stesse (eventualmente, ma non necessariamente, anche attraverso richiesta agli uffici scolastici territoriali, per le materie più “tradizionali”). Le classi di concorso e le graduatorie non devono costituire un vincolo in tale area.
Vanno bene i dipartimenti didattici, ma le “linee-guida definite a livello nazionale” rischiano di burocratizzarne ed irrigidirne il funzionamento.
Il comitato tecnico-scientifico non può sostituire uno specifico organo di governo (consiglio di amministrazione o simile) che restituisca agli istituti tecnici la capacità di interpretare in modo efficace la propria missione fondamentale, attraverso la collaborazione privilegiata con il mondo della produzione e dei servizi.
Comunque, se deve esistere: a) gli esperti esterni non possono essere “in numero contenuto” e cioè minoritario; e b) i docenti interni non possono essere né in maggioranza numerica né “designati dal collegio docenti”, per evitare logiche politiche o sindacali anziché la valutazione delle loro competenze. La scelta va affidata al dirigente, su criteri indicati dal consiglio di amministrazione (o organo equivalente, se costituito). Se non c’è, al solo dirigente.
Agli esperti esterni individuati dal comitato tecnico-scientifico debbono poter essere affidate anche attività didattiche curricolari, cioè facenti parte dei quadri orario e non solo insegnamenti aggiuntivi o opzionali.
L’Ufficio Tecnico deve essere dotato di competenze e risorse in misura adeguata ad assicurarne l’efficace funzionamento, anche in raccordo con le imprese esterne di riferimento.
Valutazione e titoli finali
Le certificazioni finali devono indicare non solo le materie seguite ma le competenze effettivamente acquisite in relazione all’indirizzo tecnico di studi prescelto.
Della commissione d’esame deve far parte anche un rappresentante designato dalle realtà economiche e produttive del territorio con comprovata esperienza di lavoro nell’ambito cui si riferisce il titolo finale.
Le prove di esame devono includere: a) prove pratiche che dimostrino le competenze operative e b) la presentazione di un progetto applicativo che dimostri la capacità di
utilizzare il complesso delle conoscenze acquisite per la risoluzione di un problema concreto.
Collegamenti con il territorio e la specializzazione tecnica superiore
Fare esplicito riferimento alla collaborazione nei poli anche con gli Istituti professionali, oltre che con le strutture formative accreditate dalle Regioni.
Superare per gli Istituti Tecnici Superiori il vincolo dei sei ambiti attualmente indicati e quello della struttura obbligatoria come fondazioni di partecipazione.
Strumenti giuridici per un ordinamento flessibile
Non si ravvisa la necessità di definire in sede contrattuale i profili professionali delle figure da utilizzare nell’Ufficio Tecnico. Si tratta di competenze tecniche che vanno individuate dal dirigente e dai docenti dell’area di riferimento.
“Ambiti, criteri e modalità per l’articolazione degli indirizzi in opzioni, nonché per l’utilizzazione degli spazi di autonomia previsti” vanno lasciati appunto all’autonomia degli istituti, entro linee-guida molto generali. Altrimenti, non ha senso parlare di autonomia e di raccordo con il territorio per il supporto allo sviluppo delle realtà economiche e produttive ivi esistenti.
Il costituendo Comitato nazionale per l’Istruzione tecnica, per adempiere efficacemente agli obiettivi indicati, deve essere costituito (o almeno operare) per sotto-comitati, corrispondenti agli indirizzi di studio. Altrimenti finirà con il limitarsi a generiche raccomandazioni prive di incidenza e significato reale. L’aggiornamento periodico non deve riferirsi genericamente “ai percorsi” ma concretamente agli “standard professionali e formativi” Del Comitato e dei sotto-comitati debbono far parte esponenti del mondo economico e produttivo.
Monitoraggio e valutazione di sistema
Va bene la valutazione esterna, ma:
- richiamare per gli istituti tecnici l’obbligo di una propria autovalutazione, svolta in raccordo con il mondo economico e produttivo del territorio coerente con l’indirizzo di studi;
- richiamare la necessità che di tale autovalutazione faccia parte il monitoraggio degli esiti post-diploma dei propri studenti (tasso di passaggio al lavoro, tempi per trovarlo, prosecuzione negli studi in settori coerenti con gli studi seguiti, ecc.);
- richiamare la necessità che gli esiti dell’autovalutazione e del monitoraggio sugli ex-studenti vengano utilizzati per l’aggiornamento del piano di sviluppo.

venerdì 14 novembre 2008

-- Il FASCISMO TORNA DAL NORD


Guardate un po', zitti zitti, come si prepara il terreno alla "normalizzazione"

MIUR.AOODRVE-Uff.I/7695-C23a
Venezia, 06.11.08
Ai Dirigenti delle Istituzioni scolastiche
statali di ogni ordine e grado
del Veneto
Loro sedi
e, p.c. Ai Dirigenti degli USP del Veneto
Loro sedi
Oggetto: Ruolo e competenze degli organi scolastici – Utilizzo delle sedi delle istituzioni
scolastiche
Alla luce dei recenti avvenimenti che hanno interessato molte scuole, riguardanti le proteste attuate da una parte dei docenti e dei dirigenti scolastici contro le nuove disposizioni introdotte dal DL 137 del 2008 convertito nella legge n. 169 del 2008, questo Ufficio ritiene di dover precisare quanto segue in ordine alle modalità che in alcuni casi sono state adottate.
Diritti inviolabili sanciti dalla nostra Costituzione sono il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21) e quello di riunirsi pacificamente in luogo pubblico previo preavviso alle competenti autorità (art. 17). Dignità costituzionale è stata anche riconosciuta, dall’art 40, al diritto di sciopero, sancendo che esso è esercitabile nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Da tali norme discende, pertanto, che i cittadini, in quanto tali e in quanto lavoratori, hanno il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni in merito alle scelte operate dai provvedimenti governativi e legislativi i cui effetti ricadono nella loro sfera giuridica.
A questi principi, espressione di libertà fondamentali, fa da contraltare l’art. 98 Cost. che, con riferimento ai pubblici dipendenti, recita "I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione". A sua volta l’art. 97 Cost. sancisce che "Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari". Da tali norme discende che tutti i dipendenti pubblici devono rispettare le prescrizioni di legge ai fini della cura dell’interesse pubblico loro rimesso.
Questo principio trova puntuale disciplina nell’art. 2 del "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", introdotto con DPCM 28/11/2000, in cui è stabilito che "[…] Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con disciplina ed onore e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione. Nell'espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente l'interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell'interesse pubblico che gli è affidato (comma 1) […..] Egli non svolge alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d'ufficio e si impegna ad evitare situazioni e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all'immagine della pubblica amministrazione (comma 2) […] Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l'amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola l'esercizio dei diritti" (comma 5). In tale ottica va letto anche l’art. 11, comma 2, per il quale "Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell'immagine dell'amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell'ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa".
I principi in ultimo evidenziati si estendono a tutto il personale del pubblico impiego, qualsiasi siano le mansioni e il settore in cui esso opera e trovano, in particolare, applicazione al personale della scuola, in quanto il DPCM 28.11.2000 costituisce allegato n. 2 al CCNL del 29.11.2007. In buona sostanza, l’osservanza di tali principi deve ispirare i comportamenti dei dipendenti pubblici anche quando essi manifestino la propria contrarietà ai provvedimenti adottati. Vanno, poi, senza dubbio censurate quelle forme di protesta che sfocino in comportamenti illegittimi e penalmente rilevanti.
Andando, in particolare, all’attività posta in essere dal personale scolastico, si evidenzia che anch’essa è attività amministrativa, il cui principio informatore è il principio di legalità (art. 1 legge 241/90) che sancisce la necessaria corrispondenza della stessa alle disposizioni di legge e alle sue finalità.
Analizzando poi, le attribuzioni degli Organi Collegiali della scuola, è dato notare che il T.U. 297/94 individua, all’art. 7, le competenze del Collegio dei docenti, prevedendo, tra le altre, il compito di deliberare in materia di funzionamento didattico del Circolo o dell'Istituto. In sostanza il potere deliberativo del Collegio dei docenti si esplica secondo i principi e nelle materie indicate dalla norma attributiva del potere. A conferma di ciò, si può richiamare la lett. r) dell’articolo citato, ai sensi della quale il Collegio dei docenti "si pronuncia su ogni altro argomento attribuito dal presente testo unico, dalle leggi e dai regolamenti, alla sua competenza".
Stesso vincolo è posto alle attribuzioni del Consiglio d’istituto, per il quale, dopo un’elencazione non esaustiva delle funzioni, l’art. 10, comma 8, rinvia al Testo Unico, alle leggi e ai regolamenti, al fine di individuare ulteriori materie attribuite alla sua competenza.
È da precisare, inoltre, che, nello svolgimento delle proprie funzioni, gli organi collegiali operano sotto il diretto coordinamento del Dirigente scolastico, il quale è responsabile del conseguimento degli obiettivi e organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia, ponendosi comunque quale garante della legalità.
Va peraltro ricordata la funzione di leadership propria del dirigente scolastico che sovraintende a tutta l’attività didattico-educativa e che, come tale, si pone in atteggiamento di ascolto della comunità e di recepimento delle istanze, anche critiche, che essa rappresenta, in un’ottica costruttiva, volta al miglioramento del servizio e alla crescita complessiva dei membri della comunità scolastica stessa.
Da quanto sopra, si evince che gli organi scolastici, tanto monocratici (Dirigente scolastico) quanto collegiali (Consiglio di classe, d’istituto, di circolo, Collegio dei docenti ecc.), possono deliberare solo in quelle materie di pertinenza e per il raggiungimento di quegli obiettivi connaturati alla funzione loro propria. Ciò non contrasta, anzi si pone in linea, con quella che è la cornice entro cui deve operare l’autonomia scolastica, il cui scopo, individuato dall’art. 1 del DPR 275/99, consiste nel promuovere "gli obiettivi nazionali del sistema d’istruzione" che sono unitari in tutto il territorio, pur distinguendosi nelle specificità delle singole realtà regionali e locali.
Diversi, invece, sono i contesti in cui il personale scolastico può legittimamente esercitare i propri diritti sindacali, evitando un uso improprio dell’organo collegiale di appartenenza.
A riguardo dell’utilizzo delle scuole per attività diverse da quelle scolastiche, fatto salvo quanto stabilito dall’art. 8 del CCNL 2006/08 comparto scuola, in base al quale "I dipendenti hanno diritto a partecipare, durante l'orario di lavoro, ad assemblee sindacali, in idonei locali sul luogo di lavoro concordati con la parte datoriale pubblica…", si fa presente che, ai sensi dell’art. 96, comma 4, TU 297/94, "Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell'orario del promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno facoltà di disporne la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale".
Ai sensi di quanto sopra, nei limiti della funzione suddetta, l’utilizzo dell’edificio scolastico, richiesto sia da soggetti terzi estranei alla scuola, sia da operatori scolastici, va esercitato nel rispetto dei criteri e delle modalità stabilite, di comune accordo, dagli organi e dagli enti aventi competenza in materia.

-- Liceo Artistico Statale di Napoli

I docenti della scuola intestataria riunitisi in Collegio il giorno 29 ottobre 2008, alle ore 13.30, dopo ampia ed approfondita discussione, approvano il seguente documento emerso a seguito dell’Assemblea dei lavoratori del giorno 28 ottobre 2008 e integrato nel corso del Collegio stesso:

I docenti del Liceo Artistico Statale di Napoli manifestano il loro dissenso rispetto a
• Articolo 64 legge 133/08
• Articolo 16 legge 133/08
• Decreto 137-08
• DDL 953 (riforma Aprea)
ritenendo non democratico il reiterato ricorso alla decretazione e, pur considerando fondamentale la riqualificazione della SCUOLA PUBBLICA, avvertono il bisogno di difenderla come istituzione in grado di salvaguardare e promuovere
• lo spirito della Costituzione;
• l’educazione alla cittadinanza attiva;
• l’educazione al rispetto e alla valorizzazione delle differenze;
• l’educazione alla pluralità ed alla laicità del pensiero.
Pertanto presentano la seguente proposta votata a maggioranza:
sospensione dell’organizzazione di tutte le attività aggiuntive retribuite attraverso il fondo di Istituto
in particolare
• astensione dalle elezioni delle figure strumentali;
• dimissioni di tutti i coordinatori e i segretari dei Consigli di classe;
• astensione dalle attività di recupero in orario extracurricolare;
• astensione dalle attività laboratoriali.
• rinuncia ai viaggi di istruzione
• rinuncia ai corsi di aggiornamento
• in ottemperanza all’art. 33 della Costituzione che garantisce la libertà di insegnamento, i docenti si riservano il diritto di non adottare libri di testo ma di servirsi di materiali prodotti in proprio;
Fornendo opportune motivazione, sarà richiesta una uguale distribuzione a tutti i docenti del fondo di istituto. Verranno altresì organizzati,al fine di garantire la continuità con la scuola dell’autonomia,incontri pomeridiani sia in forma di attività laboratoriali,sia come incontri tesi ad informare i genitori sulle proteste in atto nella scuola
I docenti auspicano che tale forma di protesta, che si presenta come la sola che possa garantire il proseguimento della lotta pur salvaguardando il diritto allo studio degli alunni venga condivisa dal maggior numero di scuole possibile poiché solo così acquista senso.

Il Collegio Docenti

-- Ai Presidi, ai professori e ai rappresentanti dei genitori e degli studenti degli istituti di ogni ordine e grado.

Gli studenti universitari, considerata la difficile situazione con la quale l’istruzione pubblica italiana deve fare i conti e considerate le prospettive di precarietà ed incertezza che gravano su ricercatori e giovani lavoratori, ritengono necessaria e urgente un’azione mirata e capillare di informazione riguardo ai provvedimenti attuati dal presente governo.
Intendono impegnarsi per l’organizzazione di forme di collaborazione con le scuole elementari, medie e superiori con l’obiettivo di coinvolgere in maniera attiva e consapevole i genitori degli alunni nelle iniziative che verranno intraprese per portare avanti una mobilitazione propositiva, democratica e condivisa da studenti, docenti e famiglie.

Si ritiene infatti doveroso e urgente informare in maniera trasparente le famiglie degli studenti sugli aspetti più gravi dei seguenti testi di legge: legge 133/08 del ministro dell’Economia G. Tremonti, legge 169/08 del ministro dell’Istruzione M. Gelmini, proposta di legge 953 dell’onorevole V. Aprea, decreto legge 180 contenente le ultime istruzioni del ministro Gelmini sull’università. Illustrare le conseguenze immediate e i riflessi che queste decisioni governative avranno sul futuro prossimo degli studenti, può costituire un primo passo verso la costituzione indipendente da parte dei genitori di organizzazioni autonome e parallele a quelle studentesche. Creare una mobilitazione unita, vasta e trasversale permetterebbe di ottenere una maggiore visibilità e autorevolezza davanti all’opinione pubblica e al governo.

Affinché questa massiccia opera di informazione riesca proficuamente, è necessaria tra studenti e genitori la mediazione dei singoli istituti, almeno per una comunicazione diretta con le famiglie. Gli studenti universitari si propongono per l’organizzazione di assemblee e altri eventi in luoghi e date flessibili e secondo modalità da stabilire di volta in volta in accordo con i presidi e le altre figure rappresentative della docenza, degli studenti e dei genitori, con l’unico fine di un’informazione corretta e chiara.

Si invitano pertanto i soggetti interessati a comunicare la loro eventuale disponibilità di adesione e collaborazione.


Per contatti: pattynappi@hotmail.com oppure cell. 3202928810

giovedì 13 novembre 2008

-- Istituto Statale d’Arte di Venezia

[giovedì 9 ottobre 2008]

IL COLLEGIO DOCENTI E LA RIFORMA GELMINI

Il Collegio dei Docenti dell’Istituto Statale d’Arte di Venezia riunitosi il 26.9.2008 ha approvato all’unanimità il documento che di seguito viene integralmente riportato:

Il Collegio dei Docenti dell’Istituto Statale d’Arte di Venezia

Preso atto che:

• Il “Piano per la scuola” dei Ministri Mariastella Gelmini e Giulio Tremonti è costituito da un mosaico di iniziative le cui prime tessere sono già diventate provvedimenti legislativi: la Legge n° 133 (finanziaria estiva) e il Decreto Legge n° 137 del 1° settembre;
• Il 25/09/08 è stato ufficializzato lo schema del Piano Programmatico il cui testo è stato inviato alle Camere per il previsto parere.

Con questi provvedimenti che riguardano:

1. La scuola dell’Infanzia (materna) dove si ridurrà l’attività didattica al solo turno antimeridiano dalle 8,30 alle 12,30;
2. La scuola Primaria (elementare) dove si regredisce al maestro unico e in linea generale si ridurrà l’orario settimanale a 24 ore;
3. In tutti gli ordini di scuola dove si sta programmando un taglio di oltre 2.000 scuole nel Paese (quelle sottodimensionate con meno di 600 alunni);
4. Tutti gli ordini di scuola, dove si può arrivare all’aumento di 3 o 4 alunni per classe. La legge n° 133/2008 prevede, infatti, un aumento di 0,40 del rapporto tra docenti/alunni e per realizzare questo obiettivo bisogna che in ogni classe, il numero massimo aumenti mediamente di due alunni. Ma siccome non si possono aumentare gli alunni dove non ci sono, si realizzerà un aumento di 3-4 alunni nelle classi dei centri urbani e soprattutto nelle grandi periferie. In questo modo si svilisce la relazione educativa, il tempo reale che ogni insegnante potrà dedicare a ciascun bambino e studente, cresceranno gli insuccessi scolastici, i problemi di gestione educativa delle classi e disciplinari degli alunni e studenti;
5. Tutti gli ordini di scuola, dove senza alcuna motivazione si taglia il 17% del personale non docente: 700 Direttori amministrativi, 10.452 personale di segreteria, 3.965 assistenti tecnici per i laboratori, 29.076 collaboratori scolastici;
6. Le scuole secondarie di I° grado dove viene ridotto il Tempo Prolungato e ridotto a 29 ore settimanali (dalle 32/33 ore attuali) il tempo normale;
7. Le scuole secondarie di II grado dove viene generalmente ridotto l’orario in tutti gli indirizzi, in misura maggiore negli istituti Tecnici e Professionali in cui si passerà dalle 36/38/40 ore alle 32 settimanali. Questo significa diminuire il tempo scuola, per la cultura, i laboratori, le discipline.


Rilevato che:

• La specificità degli Istituti d’Arte non è riconosciuta e non trova menzione alcuna nello schema del suddetto Piano;
• Nel Bilancio dello Stato si sono verificati in questi anni rilevanti riduzioni agli stanziamenti per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole, passando dai 331milioni di Euro assegnati nel 2001, ai 60 milioni stanziati per il 2008.

Esprime le seguenti considerazioni:

• Con questi provvedimenti, che vanno ad aggiungersi alle riduzioni contenute nella Legge Finanziaria 2008, nell’arco di un triennio si prevede la riduzione di 87.341 posti del personale Docente e di 44.500 posti del personale ATA.
• Complessivamente si determina il taglio di circa 132.000 posti nella scuola italiana.
• Tutto questo non deriva da una coerente riflessione sui processi formativi/didattici/educativi della scuola, ma rappresenta il frutto delle misure inserite nel capitolo della Legge Finanziaria estiva (art. 64 Legge n° 133/2008) denominato “Contenimento della spesa per il Pubblico Impiego”, che sembrano annunciare la volontà di ridimensionare la scuola pubblica.

Il Collegio dei Docenti dell’Istituto Statale d’Arte di Venezia intende esprime preoccupazione e contrarietà ed invita:

• Il Parlamento a respingere la filosofia del Piano proposto;
• Il Ministro dell’Istruzione alla riapertura di un confronto reale con il mondo della scuola e con tutti i soggetti coinvolti.


LA MOZIONE E’ STATA APPROVATA ALL’UNANIMITA’


Preso atto che:

• Il “Piano per la scuola” dei Ministri Mariastella Gelmini e Giulio Tremonti è costituito da un mosaico di iniziative le cui prime tessere sono già diventate provvedimenti legislativi: la Legge n° 133 (finanziaria estiva) e il Decreto Legge n° 137 del 1° settembre;
• Il 25/09/08 è stato ufficializzato lo schema del Piano Programmatico il cui testo è stato inviato alle Camere per il previsto parere.

Con questi provvedimenti che riguardano:

1. La scuola dell’Infanzia (materna) dove si ridurrà l’attività didattica al solo turno antimeridiano dalle 8,30 alle 12,30;
2. La scuola Primaria (elementare) dove si regredisce al maestro unico e in linea generale si ridurrà l’orario settimanale a 24 ore;
3. In tutti gli ordini di scuola dove si sta programmando un taglio di oltre 2.000 scuole nel Paese (quelle sottodimensionate con meno di 600 alunni);
4. Tutti gli ordini di scuola, dove si può arrivare all’aumento di 3 o 4 alunni per classe. La legge n° 133/2008 prevede, infatti, un aumento di 0,40 del rapporto tra docenti/alunni e per realizzare questo obiettivo bisogna che in ogni classe, il numero massimo aumenti mediamente di due alunni. Ma siccome non si possono aumentare gli alunni dove non ci sono, si realizzerà un aumento di 3-4 alunni nelle classi dei centri urbani e soprattutto nelle grandi periferie. In questo modo si svilisce la relazione educativa, il tempo reale che ogni insegnante potrà dedicare a ciascun bambino e studente, cresceranno gli insuccessi scolastici, i problemi di gestione educativa delle classi e disciplinari degli alunni e studenti;
5. Tutti gli ordini di scuola, dove senza alcuna motivazione si taglia il 17% del personale non docente: 700 Direttori amministrativi, 10.452 personale di segreteria, 3.965 assistenti tecnici per i laboratori, 29.076 collaboratori scolastici;
6. Le scuole secondarie di I° grado dove viene ridotto il Tempo Prolungato e ridotto a 29 ore settimanali (dalle 32/33 ore attuali) il tempo normale;
7. Le scuole secondarie di II grado dove viene generalmente ridotto l’orario in tutti gli indirizzi, in misura maggiore negli istituti Tecnici e Professionali in cui si passerà dalle 36/38/40 ore alle 32 settimanali. Questo significa diminuire il tempo scuola, per la cultura, i laboratori, le discipline.


Rilevato che:

• La specificità degli Istituti d’Arte non è riconosciuta e non trova menzione alcuna nello schema del suddetto Piano;
• Nel Bilancio dello Stato si sono verificati in questi anni rilevanti riduzioni agli stanziamenti per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole, passando dai 331milioni di Euro assegnati nel 2001, ai 60 milioni stanziati per il 2008.

Esprime le seguenti considerazioni:

• Con questi provvedimenti, che vanno ad aggiungersi alle riduzioni contenute nella Legge Finanziaria 2008, nell’arco di un triennio si prevede la riduzione di 87.341 posti del personale Docente e di 44.500 posti del personale ATA.
• Complessivamente si determina il taglio di circa 132.000 posti nella scuola italiana.
• Tutto questo non deriva da una coerente riflessione sui processi formativi/didattici/educativi della scuola, ma rappresenta il frutto delle misure inserite nel capitolo della Legge Finanziaria estiva (art. 64 Legge n° 133/2008) denominato “Contenimento della spesa per il Pubblico Impiego”, che sembrano annunciare la volontà di ridimensionare la scuola pubblica.

Il Collegio dei Docenti dell’Istituto Statale d’Arte di Venezia intende esprime preoccupazione e contrarietà ed invita:

• Il Parlamento a respingere la filosofia del Piano proposto;
• Il Ministro dell’Istruzione alla riapertura di un confronto reale con il mondo della scuola e con tutti i soggetti coinvolti.


LA MOZIONE E’ STATA APPROVATA ALL’UNANIMITA’

-- Può un movimento per l’acqua non riconoscersi nell’Onda?

Lettera aperta alle studentesse e agli studenti



Siamo donne e uomini da sempre impegnati nei nostri territori e a livello nazionale e internazionale per il riconoscimento dell’acqua come bene comune e diritto umano universale, da sottrarre al mercato e al profitto e da restituire alla gestione partecipativa delle comunità locali.

Insieme abbiamo prodotto e animato decine di conflitti territoriali contro la privatizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni.

Insieme abbiamo costituito, nel marzo 2006, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una rete che raccoglie più di settanta associazioni ed organizzazioni e più di trecento comitati territoriali.

Insieme abbiamo raccolto più di 400.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell’acqua.

Insieme abbiamo costruito, il 1 dicembre 2008, la prima manifestazione nazionale per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni, che ha visto più di 40.000 persone sfilare per le strade di Roma.



Vi abbiamo visto inondare le città e le piazze di questo paese chiedendo a gran voce la difesa della scuola pubblica, il diritto all’istruzione, alla conoscenza e al futuro, lottando contro la mercificazione del sapere e della formazione, la precarizzazione della conoscenza e della vita, lo svilimento della scuola primaria, la privatizzazione dell’università.

Vi abbiamo sentito urlare con rabbia ed allegria : “Noi la vostra crisi non la paghiamo” riprendendovi gli spazi delle scuole e delle università e facendole diventare nuove agorà di socialità, conoscenza e incontro fra i movimenti e le lotte di chi vuole cambiare le politiche di questo paese e di chi vuole praticare un altro mondo possibile.



Questo mondo è oggi attraversato dalla più importante crisi economica e finanziaria che la storia ricordi, mentre si è approfondita la crisi alimentare globale e si è definitivamente appalesata la crisi ecologica e resi evidenti i primi effetti permanenti dei cambiamenti climatici planetari.

Un modello di ordine mondiale, fondato sul pensiero unico del mercato, sull’accaparramento predatorio delle risorse naturali, sulla mercificazione dei beni comuni e la loro consegna ai grandi capitali finanziari, sullo svuotamento della democrazia e della partecipazione popolare sta dimostrando il proprio completo fallimento.



Il “crack” globale dell’economia finanziaria rappresenta l’esito di trenta anni di politiche liberiste, basate sull’assioma “privato è bello”, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici, sulla espropriazione dei diritti sociali.

Oggi sono i grandi poteri bancari e finanziari ad invocare l’intervento pubblico e il sostegno statale.

Oggi sono i più sfrontati liberisti a dichiarare il fallimento del mercato.



Lo scopo è chiaro : ottenere un nuovo travaso di risorse dalle collettività ai poteri forti per rilanciare i flussi finanziari mondiali e riprendere l’espropriazione di risorse.

Così si chiedono sostegni pubblici alle banche, mentre si approvano normative –come l’art. 23 bis della Legge n. 133/08- che perseguono la definitiva messa sul mercato dei servizi pubblici locali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico integrato.

Così si approvano normative per il drastico taglio dei fondi alle scuole di ogni ordine e grado, si inasprisce la precarietà e si attaccano i diritti del lavoro, si militarizzano gli spazi della democrazia e del conflitto sociale.



“Noi la vostra crisi non la paghiamo” avete detto voi per primi, inondando le strade di questo paese e riaffermando un protagonismo diretto, senza deleghe alcune né qualsivoglia rappresentanze.



“Noi la vostra crisi non la paghiamo” diciamo anche noi, reclamando la fine delle politiche liberiste di privatizzazione e ponendo al centro della nostra iniziativa la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, la loro cura e conservazione per le generazioni future, la loro gestione partecipata dai cittadini, dai lavoratori e dalle comunità locali, come motore di una ricostruzione dei legami sociali, di una riaffermazione dei diritti collettivi, della riproduzione di un’appartenenza sociale aperta e condivisa.

In una parola, di una nuova democrazia e di un altro mondo possibile.



Senza acqua non c’è diritto alla vita.

Senza saperi, formazione e conoscenze c’è solo dominazione del più forte.

Senza spazio pubblico non c’è partecipazione né democrazia.



Per questo ci riconosciamo nella vostra lotta e salutiamo la vostra assemblea nazionale, confermando la nostra piena solidarietà alle vostre mobilitazioni e proponendovi intrecci fra le nostre reciproche esperienze.

Intrecci che possono essere resi ancora più forti e solidi, partendo dalla consapevolezza -che poi è anche la cifra del nostro percorso- di come unità, radicalità, autonomia e inclusione delle differenze costituiscano il carattere fondante dei movimenti sociali.



Il 22-23 novembre prossimi, il movimento per l’acqua terrà ad Aprilia il suo secondo Forum nazionale, per fare il punto delle mobilitazioni attivate e per rilanciare con ancora più forza le ragioni della riappropriazione sociale dell’acqua e della difesa dei beni comuni.

Ci piacerebbe che fra gli interventi di apertura, sabato 22 mattina, ci fosse anche un contributo di una/uno studente che racconti al popolo dell’acqua pubblica l’esperienza del popolo della scuola pubblica.

Ci piacerebbe che, nell’autonomia dei reciproci percorsi, si potessero innescare importanti connessioni, promuovendo iniziative comuni dentro e fuori le Università che facciano incontrare le nostre battaglie per i beni comuni.

Ci piacerebbe ascoltarvi e raccontarvi qualcosa di noi.

Con curiosità, fiducia e determinazione.

Dobbiamo solo cambiare il mondo.



Un caro abbraccio a tutte e tutti.





Forum italiano dei movimenti per l’acqua

www.acquabenecomune.org

martedì 11 novembre 2008

-- Piattaforma programmatica per l'università italiana

Proposta da:
Associazione Docenti Universitari (ADU), Associazione Dottorandi Italiani (ADI), Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU), Associazione Professionale Universitaria (APU), CISAL Universita', CISL Universita', Comitato Nazionale Universitario (CNU), Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (CNRU), FLC CGIL, Rete Nazionale Ricercatori Precari (RNRP), Sindacato Universitario Nazionale (SUN), UIL P.A.-U.R. AFAM, Unione degli Universitari (UDU)

per scaricare il documento, vai su www.stopgelmini.com

-- La conferma del tempo pieno potrebbe penalizzare le scuole del sud

da www.tuttoscuola.com

Il primo grido d'allarme è venuto da esponenti meridionali della maggioranza, secondo i quali, confermando o potenziando il tempo pieno, si finirebbe per
penalizzare le scuole primarie meridionali ed insulari, a vantaggio di quelle
del nord.
Il grido d'allarme è fondato, a causa del fatto che la distribuzione attuale
di classi a tempo pieno non è equilibrata: tanto al nord e al centro, poco o
niente al sud.
I conti sono presto fatti. Se prendiamo una istituzione scolastica con tutti i plessi funzionanti a tempo pieno, nessuna classe dovrebbe passare a 24 ore e nessun docente perderebbe posto. Confermati classi e docenti.

Se un'altra istituzione scolastica ha tutte le classi attualmente funzionanti a 27 o 30 ore, vedrà trasformate classi a 24 ore con riduzione di organico e perdita del posto di docenti.

Insomma le scuole con classi a tempo pieno (con relativi docenti) potranno evitare la scure dei tagli, mentre le altre no.

L'esempio può essere esteso alle province che hanno o non hanno il tempo pieno (o ne hanno poco).

Il sud che generalmente non ha classi a tempo pieno (se non in quantità
simboliche) potrebbe essere decimato nell'organico, facendo da "donatore di
sangue" per l'intero sistema della nuova primaria.

Quanto meno la riduzione di posti sarebbe fortemente squilibrata, colpendo
in modo molto ridotto le aree che già hanno alti livelli di tempo pieno e in
modo pesante le altre. Come il sud, appunto.

Bisognerebbe che il reinvestimento dei posti risparmiati con il modello
orario a 24 ore fosse esclusivamente realizzato al sud. Ma non basterebbe nemmeno a riequilibrare le riduzioni di organico, oltre ad essere di difficile attuazione. Sarà bene che il ministro Gelmini trovi presto una soluzione a
questo nuovo problema.

lunedì 10 novembre 2008

-- Nuovo Welfare - State, Vita precaria o Precario a vita?'.


Venerdì 24 ottobre 2008, alle ore 9.30, nell'aula Spinelli di Scienze Politiche, si svolgerà il seminario da 3 CFU :

' Nuovo Welfare - State, Vita precaria o Precario a vita?'.

Interverrano Marcello D'Aponte e Antonio Cristofaro - docenti di Scienze Politiche -, Gianluca Daniele - Segretario regionale SLC CGIL -, Felicia Tafuri - psicologa, psicoterapeuta, Gruppoanalista -.
L'iniziativa sarà moderata da Vincenzo Tafuri e Francesco Lastaria.

E' possibile effettuare domande ai relatori e/o fare delle considerazioni rispondendo alla domanda contenuta nel titolo del nostro seminario.
E' importante questo tipo di interazione!
Non mancare
Francesco Lastaria
Consigliere d'Ateneo dell'Università di Napoli Federico II

domenica 9 novembre 2008

-- Scienze in piazza

Martedì 11 novembre in Piazza Plebiscito i docenti della facoltà terranno lezioni accessibili a tutti trattando argomenti semplici, che trovano riscontro nella vita quotidiana, per spiegare cos'è la ricerca e perchè lo stato dovrebbe finanziarla. Saranno inoltre illustrate le conseguenze della legge 133 sulla formazione dei giovani e conseguentemente sul futuro e lo sviluppo dell'Italia. L'iniziativa prende il nome di " Le scienze in Piazza" e le riporto il comunicato ufficiale:

"La Facoltà di Scienze della Federico II porta tra la gente il proprio mondo quotidiano, fatto di ricerca, studio e lezioni, per condividere un patrimonio di tutti che rischia di sparire sotto un'ondata di tagli indiscirminati previsti dalle recenti Finanziarie. La giornata prevede interventi di Studenti, Ricercatori (precari e non), Tecnici e Docenti su temi scientifici di impatto nella vita quotidiana, aperti alle domande della cittadinanza."

Si svolgeranno anche semplici esperimenti di fisica, chimica, biologia, etc. Inoltre studenti, ricercatori e docenti sono a disposizione per rispondere a qualsiasi tipo di domanda.

sabato 8 novembre 2008

-- La secondaria che ci aspetta

Salvatore Lucchese

Sembra che il governo stia facendo uma mezza marcia indietro. E' un segno positivo. Ma non fermiamoci. Devono rimangiarsi tutto.

Da orizzonte scuola dell'8.11.08

08 novembre 2008 - red
Pubblichiamo un sunto della relazione relativamente ad organizzazione e monte ore di: Primaria, Secondaria primo e secondo grado (Licei e Istituti tecnici)

Piano programmatico dei tagli. Governo presenta novità in VII commissione

Per la scuola primaria:

I modelli possibili sono:
24 ore (docente unico);
27 ore (riforma Moratti senza l'aggiunta delle attività opzionali facoltative);
sino a 30 ore con l'aggiunta di attività opzionali facoltative;
40 ore (tempo pieno).

Il tempo pieno è stato confermato nelle consistenze attuali: 34.270 classi su 136.964 classi

Aumenti di 1 o 2 unità gli alunni per classe.
L'insegnamento delle lingue non subisce variazioni in diminuzione.

Per la secondaria di primo grado

L'orario settimanale delle lezioni passa dalle attuali 32 ore a 30 ore.
Gli insegnamenti di base conservano la loro consistenza oraria.
Il tempo prolungato viene conservato con il superamento delle compresenze.

Licei

Sono previste sei tipologie di licei, che, sempre ai sensi della legge 40/2007, dovranno trovare attuazione dall'anno scolastico 2009/2010:
Liceo Artistico (34 ore settimanali nel biennio e 35 ore nel triennio) con tre indirizzi: arti figurative - architettura, design, ambiente - audiovisivo, multimedia, scenografia;
Liceo Classico (30 ore settimanali);
Liceo Linguistico (30 ore settimanali);
Liceo Musicale e Coreutico (32 ore settimanali) con due sezioni, una musicale e una coreutica;
Liceo Scientifico (30 ore settimanali);
Liceo delle Scienze Umane (30 ore settimanali).

In tutti i licei si studia obbligatoriamente l'inglese per 5 anni.
In tutti i licei (esclusi il classico e lo scientifico) si studia una seconda lingua straniera.
Nel Liceo Artistico sono riuniti tutti gli indirizzi artistici e le sperimentazioni attualmente esistenti.
Nel Liceo Classico vengono confermate le ore settimanali degli insegnamenti caratterizzanti: italiano, latino e greco.
Nel Liceo Linguistico, di nuova istituzione, viene rafforzato lo studio delle lingue straniere, con particolare riferimento alla terza lingua, che inizia dal primo anno e non dal terzo, come attualmente avviene nel corrispondente indirizzo di studio sperimentale.
Nel Liceo Musicale e Coreutico, di nuova istituzione, viene recepita la struttura prevista dal decreto legislativo 226/2005 (riforma Moratti) e viene privilegiata l'esecuzione strumentale e la pratica delle diverse tecniche della danza.
Nel Liceo Scientifico è previsto lo studio del latino in tutti e cinque gli anni e viene incrementato mediamente di 5 ore settimanali lo studio della matematica e delle scienze.
Nel Liceo delle Scienze Umane confluiscono gli ex Licei Magistrali e le sperimentazioni connesse. Viene confermato l'impianto prefigurato dalla riforma Moratti.

Istituti tecnici

Struttura
Indirizzi: gli istituti tecnici, nel nuovo impianto, sono compresi in due settori e si articolano in undici indirizzi:

settore economico:
1) Amministrazione, finanza e marketing ;
2) Turismo;

settore tecnologico:
1) Meccanica, Meccatronica ed Energia;
2) Trasporti e Logistica;
3) Elettronica ed Elettrotecnica;
4) Informatica e telecomunicazioni;
5) Grafica e Comunicazione;
6) Chimica, Materiali e Biotecnologie;
7) Tessile, Abbigliamento e Moda;
8) Agraria e agroindustria;
9) Costruzioni, Ambiente e Territorio.

Gli indirizzi suddetti comprendono tutti gli attuali indirizzi dell'istruzione tecnica.

Monte ore: 1056 ore annue, corrispondente a 32 ore settimanali (contro le attuali 35/36), articolato in un'area di istruzione generale comune e un'area di indirizzo.

Durata e articolazione percorsi: quinquennale con scansione 2+2+1 con primo biennio orientativo e il successivo triennio (2+1) per facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro e la prosecuzione degli studi.

Autonomia didattica: forte rafforzamento della quota di flessibilità degli istituti tecnici: 20 per cento nel 1 o biennio, 30 per cento nel secondo biennio e 35 per cento nell'ultimo anno, secondo Linee Guida nazionali che favoriscano le opzionalità, la flessibilità dei percorsi, le transizioni tra canali formativi e le partnership a livello territoriale.

Metodologie formative: potenziamento dei laboratori, dell'alternanza scuola-lavoro tramite tirocini e stage .

Confluenza degli attuali istituti tecnici nei nuovi ordinamenti.
La relativa tabella è stata predisposta in modo da superare l'attuale frammentazione dei percorsi degli istituti tecnici, senza pregiudicarne le vocazioni, anche con riferimento alle sperimentazioni più consolidate.

-- La scuola secondaria di II grado nello schema Gelmini

Una questione di scenario

Prima di accennare ai riflessi sulla riorganizzazione delle scuole superiori indotte specificamente dall’art. 64 della legge finanziaria 2009 e dal cosiddetto “decreto Gelmini 137” , mi preme chiarire quale sia la prospettiva di fondo in cui crediamo debba inserirsi la nostra riflessione.

“Le scuole saranno più efficienti se saranno sottoposte alle leggi del mercato capitalistico e, come tutte le aziende, entreranno in concorrenza le une con le altre per attirare i loro clienti: gli studenti. A questo scopo serve un sistema statale di buoni scuola emessi all’ordine dei genitori di un figlio in età scolare, buoni che potranno essere spesi in una scuola a scelta delle famiglie degli studenti, anche private e/o confessionali”(Milton Friedman, 1955). Praticamente, mezzo secolo fa, l’economia liberista aveva già chiaro lo sviluppo del mondo occidentale.

Una indagine OCSE (1998) stima in 2000 miliardi di dollari l’investimento per la scuola nel mondo (per la sanità, 3500) ed in 1000 miliardi negli Stati membri (circa: 4 milioni di insegnanti, 80 milioni di studenti, 315 mila istituti e 5 mila università). Un vero gigantesco affare.
Al Fairmont Hotel di San Francisco, nel settembre 1995, si riunirono 500 persone, l'élite del mondo, il braintrust globale (Bush senior, Margaret Thatcher, G. Schultz, T. Turner, G. Rifkin, D. Packard, John Gage, Zbigniew Brzezinski, ...), sotto l'egida della Fondazione Gorbaciov, per "decidere delle prospettive del mondo nel nuovo millennio che porta ad una nuova civiltà".
Si prefigurò un modello di società in cui solo il 20% dei cittadini del mondo sarebbero stati necessari per mandarlo avanti. Il rimanente 80% sarebbe stata da considerarsi massa eccedente (sic!). Si passava quindi dalle pur nere prospettive degli anni Ottanta, la società in cui 1/3 dei cittadini del mondo avrebbe avuto accesso al benessere, ad una società 1/5 con molta massa eccedente. Si prospettavano riforme selvagge ben anticipate da John Gage, dirigente di Sun Microsystem, "assumiamo i nostri operai con il computer, lavorano con il computer e li cacciamo con il computer!"

La scuola così come è, tutti concordano, costa troppo ed è una spesa superflua per i fini che si vogliono conseguire. Occorre pensare una scuola che costi molto meno e che prepari dei cittadini a livello di buoni consumatori in questa società tecnologica. Occorre che i cittadini conoscano, ad esempio: digitale, DVD, Laser, Hi Tech, PC, Internet, Provider, CD, masterizzatore, ...; non è invece in alcun modo necessario che conoscano i meccanismi scientifico tecnologici che sono dietro questi nomi.
Occorre che i cittadini abbiano la preparazione tecnologica sufficiente per essere consumatori ma non tale da essere creatori di scienza e tecnologia. Questo almeno a livello di impegno di scuola pubblica, di quella che è pagata dalla fiscalità generale. Vi è naturalmente necessità di cittadini preparati a livelli superiori, ma è del tutto inutile e soprattutto è un vero spreco di risorse pensare di formare tutti in modo che possano pensare all’accesso a queste superiori specializzazioni.
Chi serve per tali fini verrà preparato in scuole speciali. La selezione per accedere a queste scuole la faranno: le stesse scuole private e le imprese. [1]

Quali punti di vista

Se si prescinde da questo scenario, non si può comprendere in base a quali valori vengano affermati taluni criteri di efficienza e di efficacia.
Il nucleo su cui riflettere è il concetto di “utilità sociale” che è specularmente opposto a quello di “utilità marginale”, proprio della teoria economica classica. In buona sostanza, l’Economista liberista riconosce che l’utilità di un bene è proporzionale alla sua rarefazione. Quanto più costante e diffuso è il consumo delle “unità” di tale bene sul mercato, tanto minore sarà la sua convenienza in termini di estrazione di profitto. Quindi, si genera così l’assunto dell’ utilità marginale decrescente, per cui l'utilità marginale di un bene diminuisce con l’aumento del consumo assoluto e della diffusione del bene stesso.
Ben diverso è il termine di “utilità sociale” – schiettamente utilitarista, quindi liberale – che valuta un bene in funzione della sua capacità di migliorare la vita per il maggior numero possibile di individui. Ovvio che le due visioni sono inconciliabili, a meno che non si disponga di politici talmente lungimiranti da comprendere quali conseguenze nel lungo periodo abbiano le loro scelte (fu De Gasperi, del resto, a insegnarci la differenza tra il politico e lo statista. Il primo pensa alle prossime elezioni, il secondo alle prossime generazioni).

Con tutti i suoi difetti, la scuola statale dell’Italia Repubblicana ha coscientemente assolto alla sua funzione sociale. Non v’è dubbio che si sia anche portata appresso alcuni mali profondi, riconducibili alla frattura tra pedagogia e gestione del personale avvenuta soprattutto negli anni ’70.
“Nella scuola italiana scontiamo un processo che da tempo gli storici hanno studiato e definito come elefantiasi del terziario. In assenza di un tessuto produttivo autonomo e nella necessità di assicurare un mercato interno alla produzione delle ricostituite aree industriali, tra gli anni ’50 e ’60, per il Mezzogiorno è stata operata la scelta dello “progresso senza sviluppo” , la distribuzione del reddito senza la produzione della ricchezza. All’interno di un generalizzato potenziamento del terziario (talvolta parassitario) anche la scuola è stata individuata come ammortizzatore sociale, come luogo di contenimento del conflitto e come punto di redistribuzione del reddito. Al “mostruoso blocco storico” che Gramsci aveva svelato – costituito da agrari meridionali ed industriali settentrionali – la democrazia italiana aveva sostituito un nuovo blocco, quello tra il capitale settentrionale e il cliente dello Stato al Sud.
Quando il sindacato confederale, molto dopo la grande stagione dell’autunno caldo, finalmente si accorge che anche nella scuola ci sono dei lavoratori ed accondiscende alla creazione della federazione della scuola all’interno delle Confederazioni (1975), eredita la cogestione di un tale blocco e condivide una scelta sostanzialmente conservativa e conservatrice, in cui la scuola – appesantita da finalità sociali improprie – progressivamente disperde il proprio capitale culturale e pedagogico, esaurisce la propria intrinseca spinta propulsiva che sarebbe stato legittimo aspettarsi dalla trasformazione da scuola di élite a scuola di massa. “[2]

La secondaria di secondo grado

Venendo al concreto, nello schema Gelmini, per quanto riguarda la secondaria di secondo grado, la prima cosa che si può osservare è il prevedibile calo dei livelli di entrata.
La scuola media vede una riduzione generalizzata a 29 ore settimanali di lezioni, contro le attuali 32. La riduzione avverrà prevedibilmente sfruttando la ridefinizione degli insegnamenti che avverrà sulla base del dlgs. 59/04 che prevede entro questo dicembre la riorganizzazione delle classi di concorso. Si provvederà, in quella sede, alla soppressione dell’insegnamento di Educazione Tecnica con assorbimento dei suoi contenuti (competenze?) nell’insegnamento delle Scienze M.F.Ch.e N. e con la riduzione di unità orarie in Italiano (che dovrà assorbire anche l’ora di Educazione Civica).
La cosa è preoccupante perché, invece di incidere sulla struttura pedagogica complessiva della scuola media (l’anello debole della catena, se è vero che i nostri “somarisssimi” quindicenni del PISA provengono comunque dalla 6° scuola elementare del Mondo) si provvede ad indebolirne proprio gli insegnamenti chiave (Italiano, Scienze e Matematica).

Per il resto si osserva che lo schema parte direttamente dai licei della Moratti (classico, linguistico, delle Scienze Umane con 30 ore settimanali, e musicale e coreutica con 32) e dagli istituti tecnici e professionali, eredità di Fioroni-Bersani.
Per questi ultimi, il dato significativo è che la prevista semplificazione degli indirizzi partirà dall’a.s. 2009/2010 con la non attivazione delle prime classi delle sperimentazioni in atto (quali?).
Ulteriori tagli (residuali ma significativi sul piano dell’assenza di ratio didattica) riguardano il taglio degli insegnanti tecnico-pratici con la riduzione del 30% delle compresenze col docente della disciplina e la ridefinizione del loro ruolo.

Le novità non mi sembrano particolarmente significative per quello che dicono (la riduzione a non più di 1.000 ore annuali per tutti gli ordini della secondaria superiore era già un obiettivo di Berlinguer) quanto per quello che non dicono.
Il rimando allo schema del dlgs 226/05 di Moratti, ci riconduce alla tripartizione dell’orario in
Insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti
Insegnamenti obbligatori a scelta dello studente
Insegnamenti facoltativi
Ma, soprattutto, ci rimanda agli ordinamenti ed alle indicazioni nazionali del Gabinetto Moratti (con tutto il suo fardello ideologico di strane commistioni cattoliberiste sospese tra famiglia e mercato) e con tutto ciò che questo significa per noi: recuperare ed aggiornare urgentemente l’elaborazione che facemmo a suo tempo – che è stata molto ricca e variegata - , cercare di coniugarla con i nuovi scenari dell’obbligo e della devoluzione, con
[1] Cfr. http://www.kelebekler.com/occ/scuola02.htm , http://www.fisicamente.net/ ,

[2] S.Pace, 3 aprile 2008, Ischia, convegno Tecnodid sulla contrattazione di istituto.