mercoledì 9 settembre 2009

- Il Piave mormorò....

di Giuseppe Aragno
29 luglio 2009
da Fuoriregistro
E' insegnante di lettere e storia dal 1974. Nel bene e nel male, Paola Goisis è figlia della nostra scuola, quella dei fannulloni di Brunetta, ma dice i che i titoli di studio "non garantiscono un'omogeneità di fondo e spesso risultano comprati". Non so se si riferisca a esperienze personali, ma metto le mani sul fuoco: avrà prove da mostrare e copie di denunce puntualmente inviate alle autorità competenti.
In Parlamento non l'ha eletta nessuno. L'ha nominata Bossi, è deputata e ritiene d'avere una delega popolare.
Livornese e leghista - in Padania c'è entrata senza permesso di soggiorno e, a ben vedere, in fondo è clandestina - afferma che "gli insegnanti devono conoscere la cultura della regione dove lavorano". I professori, dice, dovranno superare un "test dal quale emerga la loro conoscenza della storia, delle tradizioni e del dialetto della regione in cui intendono insegnare". Quando è stata Commissario d'esame a Trapani, il test non l'ha fatto di certo e di Sicilia non sarà molto esperta, ma che importa? Se si tratta di Veneto, Goisis non ha pari: nell'ambito dell'Identità Veneta e della Fiera Florovivaistica - è questo il curricolo dei nostri deputati! - ha creato la festa di "Este in Fiore" con la rievocazione storica della "Elezione del Doge".
Una festa in costume con corteo di gondole e patrizi provenienti da Venezia.
Di gondole e Dogi si occupa per noi, con la più grande serietà, la Commissione Cultura della Camera: all'ordine del giorno ci sono poi Alberto da Giussano, l'albo regionale degli insegnanti, il Carroccio e il nuovo giuramento di Pontida.
La signora Goisis finge d'ignorarlo, ma il sangue versato sul Piave dai fanti calabresi e campani è un titolo che nessuno comprò e di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno. Grazie a quel sangue, però, Paola Goisis oggi può divertirsi a giocare con le sue gondole e i suoi dogi. Faccia pure, signora, ma ricordi: tutto ha un limite e tutto prima o poi finisce. Chi insegna storia, però, dovrebbe saperlo: la farsa talvolta si muta in tragedia.

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